Hardware, software, soluzioni che vivono in Rete. Dialogo con Davide Mulfari, giovane informatico premiato da Google
Una nuvola all’orizzonte per l’informatica accessibile: non un cattivo presagio, ma la scommessa per una tecnologia che punta a farsi largo. Il cloud computing
(dal termine inglese che significa per l’appunto “nuvola”) trasforma i
server in grandi hard disk in cui salvare i propri dati, che si possono
anche elaborare con software funzionanti in Rete. È come avere, dunque,
il proprio computer disponibile in ogni parte ci si trovi.
Per un disabile, che prospettive si aprono? Una risposta arriva da Davide Mulfari,
27 anni, da 25 utente di computer. Fin da piccolo, lo usa per
interagire e comunicare: Davide ha infatti una tetraparesi spastica. Per
la laurea specialistica in Ingegneria Informatica all’università di
Messina, ha presentato uno studio su cloud computing e software di accessibilità. Progetto notato anche da Google:
nel 2012 Davide ha vinto una delle borse di studio che l’azienda
assegna a studenti universitari disabili, iscritti a corsi di
informatica, e con carriere scolastiche meritevoli. Un concorso aperto
anche per il 2013 (Vedi il bando).
Ora Davide ha un contratto di collaborazione di un anno con
l’università messinese. Lavora su un progetto legato al cloud rivolto
non solo ai disabili. E intanto continua a tenere d’occhio le novità in
campo informatico, dove l’accessibilità resta una questione di legame
tra hardware e software.
Immaginiamo questa scena. Deve comprare un computer nuovo: va
quindi in un negozio, in cui sono esposti diversi modelli. Nella
scelta, quale caratteristica tiene d’occhio prima di tutto?
“Valuto le prestazioni globali. Prima di tutto, però, guardo il pulsante di accensione.
Sembra una sciocchezza, però per me è importante, perché il primo
controllo del computer è proprio l’accensione, ma non sempre le case
produttrici mettono dei pulsanti adeguati. Per esempio, io ho difficoltà
con l’iMac, perché il tasto è nella parte posteriore. Altro aspetto che
controllo è il tastierino numerico nella tastiera, che mi serve per
simulare i movimenti del mouse”.
Più in generale, in base alle disabilità un computer si
presta a diverse personalizzazioni. Da informatico, cosa consiglia per
acquistare una macchina che garantisca accessibilità nel tempo?
“Non
si può dire ‘per sempre’, perché la tecnologia va avanti, e magari un
computer diventa vecchio subito. Nel mio caso, il discorso è un po’
diverso: considerando il mio problema motorio, per scrivere uso una
griglia da applicare sulla tastiera, e ho questo ausilio da 25 anni. La
difficoltà per me può essere quindi il collegamento della tastiera al
computer, perché può cambiare l’adattatore: PS2, USB, per fare un
esempio”.
Windows, Macintosh, Linux, iOS, Android. I vari sistemi
operativi, per computer e per apparecchi mobili, dichiarano di avere
diversi strumenti per l’accessibilità. Secondo lei, nell’uso concreto
questi accorgimenti sono adeguati o si dovrebbero potenziare?
“A mio parere, su Windows probabilmente c’è più scelta di programmi per disabili. Anche Apple ha diverse soluzioni. Penso che invece su Linux ci sia qualcosa di meno: bisognerebbe migliorare la situazione. Per quanto riguarda l’ambito mobile, ora vanno molto i tablet,
con i quali, però, purtroppo non ho un buon rapporto per via dei miei
problemi di movimento: toccandoli non riesco a controllarli bene. Cerco
di adeguare i tablet alle mie necessità, ma è difficile”.
Il suo progetto basato sulla tecnologia cloud è semplice da padroneggiare?
“Con il mio studio voglio centrare il problema del disabile in mobilità,
che ha bisogno di usare diversi computer, o uno occasionale, come in
biblioteca o in aeroporto. Esiste la possibilità di utilizzare una
macchina virtuale che si comporta come se fosse un computer reale. La
mia idea, dunque, è personalizzare la macchina virtuale con i programmi
di accessibilità necessari all’utente. Il sistema funziona in modo molto
semplice ed immediato: basta usare un browser tra i più recenti,
comporre un opportuno indirizzo web, ed ecco comparire il proprio
desktop, ovunque si lanci la connessione. Con il mio progetto non ho
inventato una nuova tecnologia di accessibilità, ma estendo l’uso
dell’accessibilità esistente”.
Considerando i vari adattamenti in base alle disabilità, con il cloud si riesce a soddisfare le esigenze di tutti gli utenti?
“Siccome
il progetto è in una fase di prototipo, per il momento mi sono
concentrato su tre casi di studio. Uno prende in esame una situazione
come la mia, ovvero la tetraparesi spastica, con l’uso del tastierino
numerico come simulatore del mouse. Il secondo riguarda i non vedenti,
che necessitano di screen reader: in questo caso è importante analizzare
la trasmissione dell’audio attraverso la Rete. Il terzo caso considera
gli ipovedenti che hanno bisogno di ingranditori video, fatti funzionare
nel browser. Per ogni caso di studio, si sono testati i programmi più
noti. Nel complesso, il primo caso funziona, mentre bisogna migliorare i
risultati con gli strumenti per non vedenti e ipovedenti. Ora sono
impegnato in un altro progetto universitario, ma spero di poter lavorare
di nuovo sullo studio”.
Ha vinto una borsa di studio assegnata da Google, che l’ha
poi ospitata per trascorrere un momento di formazione. Che atmosfera si
respira in una delle aziende più in vista del momento?
“Anch’io
ambisco a lavorare in Google. Ho trascorso due giorni nella sede di
Zurigo. L’atmosfera era bella. Assieme agli altri vincitori della borsa
di studio si sono seguiti dei corsi intensivi, e l’azienda ci ha reso
partecipi delle sue attività, presentandoci le sue applicazioni più
importanti. In quell’occasione, noi vincitori abbiamo potuto presentare i
nostri progetti, in un momento di discussione con i dipendenti. Per
partecipare al concorso per le borse di studio, ho presentato anche lo
studio svolto per la mia precedente tesi triennale. Riguarda gli accelerometri: sensori di movimento già in uso in smartphone e console di videogiochi. Se si applicano alle parti mobili del corpo, consentono di dare comandi al computer.
Io, ad esempio, li ho usati per digitare su una tastiera virtuale, ma
anche per interagire con altri dispositivi: tv, attraverso il
telecomando, e una webcam fatta girare a seconda dei movimenti del capo.
Ho realizzato pure un applicativo per un braccio meccanico che ho
pilotato solo con i movimenti della testa, sempre grazie
all’accelerometro. L’idea è stata buona, ha vinto un paio di premi, e
spero che in futuro possa riscuotere più successo”.
La borsa di studio prima, e poi l’esposizione del progetto
cloud nell’ultima edizione di Handimatica le hanno aperto strade
professionali?
“A Handimatica lo studio è stato descritto in
un tabellone collocato nel corridoio dedicato ai progetti di ricerca.
Ho avuto contatti, anche con membri dell’Asphi,
che si sono detti interessati all’applicazione del progetto,
soprattutto in ambito scolastico. A questo proposito: il cloud può
essere utile anche agli insegnanti di sostegno, perché permette di
offrire loro un’assistenza standardizzata anche da lontano”.
Disabili al lavoro nel mondo dell’informatica: come vede la situazione allo stato attuale e cosa prevede per il futuro?
“Sto cominciando adesso a guardare com’è il mondo del lavoro. Spero di poter dare una risposta magari il prossimo anno”.
fonte:http://www.solsis.it/
Blog nato a partire dalla mia esperienza di volontariato in piscina a contatto con persone con disabilità(ecco il perchè di "acquasenzabarriere"), successivamente ampliato anche a tematiche più generali, ma comunque curiose ed interessanti fonti di riflessione.
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