Brescia. «Bella donna con disabilità offresi come modella». Non è
uno scherzo nè una provocazione, piuttosto l'idea coraggiosa e
innovativa di una trentanovenne bresciana affetta da tetraparesi
spastica.
Cinzia Rossetti è la protagonista di una storia che di
comune ha ben poco, ma che la dice lunga sul coraggio e la voglia di
vivere di chi, pur tra mille difficoltà, non ha rinunciato ai suoi
sogni.
Cinzia convive da sempre con una malattia fortemente
invalidante, eppure nell'arco di questi 39 anni si è laureata in Scienze
dell'Educazione, ha trovato un lavoro presso la Bottega Informatica, ha
fondato una associazione di volontariato (si chiama «Zanzébia» e nel
maggio scorso è stata insignita del premia «Città di Brescia Albino de
Tavonatti») e ora sta tentando di andare a vivere da sola. Conduce,
insomma, una esistenza «quasi» normale, e proprio per questo non vuole
rinunciare al suo «diritto ad essere bella e femminile». Così, ha deciso
di posare per un book fotografico alquanto inconsueto.
«L'IDEA MI È
NATA giusto un anno fa, quando sono stata a Torino a vedere una mostra
di Paolo Ranzani nella quale spiccavano un paio di foto che ritraevano
atleti disabili come la ballerina Simona Atzori e la medaglia d'oro del
basket Andrea Rocca», racconta Cinzia dalla sua casa di Botticino, dove
vive con la famiglia nell'attesa di avere un'abitazione tutta sua. «Da
lì ho iniziato a coltivare il sogno prima di portare la mostra a Brescia
e poi di diventare io stessa protagonista di alcune fotografie, per
dimostrare come anche una persona affetta da disabilità possa essere
fiera del suo aspetto fisico e del suo essere donna», sottolinea Cinzia,
che ha scritto una email a Paolo Ranzani per illustrargli la sua idea.
A poco a poco tra loro è nata una amicizia, poi sfociata nella realizzazione del tanto atteso book fotografico.
«Realizzarlo
è stato emozionante e divertente - racconta la giovane bresciana - e le
foto che ne fanno parte sono davvero bellissime, foto che mi fanno
sentire donna, attraente, desiderabile, e questo nonostante e a
prescindere dal mio handicap».
LA STORIA, PERÒ, non finisce qui.
Realizzato il book, Cinzia decide di inviarlo ad alcune agenzie di moda e
una di queste, a fine agosto, le ha risponsto dicendo di essere
interessata. Quando Cinzia, però, ha inviato altre immagini e i
responsabili dell'agenzia si sono accorte del suo handicap sono spariti.
«Per me è stata una grande delusione - racconta Cinzia senza tradire
alcuna debolezza -: penso che la mia proposta sia innovativa e grintosa e
non comprendo perché nel nostro Paese la mentalità sia così arretrata
da non accettare che anche una donna o un uomo con handicap possano
posare per immagini accattivanti. Perché non dobbiamo avere pari
opportunità in questo? Perché dobbiamo rinunciare a piacere e a
piacerci?».
Cinzia di sicuro non si arrende: nelle scorse settimane
ha inviato numerose lettere ed email a riviste femminili e di moda
proponendosi come modella...ma la bellezza non è
sempre bellezza?
fonte:http://www.bresciaoggi.it/
Blog nato a partire dalla mia esperienza di volontariato in piscina a contatto con persone con disabilità(ecco il perchè di "acquasenzabarriere"), successivamente ampliato anche a tematiche più generali, ma comunque curiose ed interessanti fonti di riflessione.
Nuovo blog
Presto il blog si trasferirà all'indirizzo disabilitasenzabarriere.it. Puoi già visitare il sito e inviarci la tua e-mail. La useremo soltanto per informarti quando il blog sarà attivo.
Un saluto!
Ilaria
venerdì 30 novembre 2012
Francesco, che corre con “un’ala” al piede
Dopo
l’amputazione della gamba destra, a undici anni, Francesco Comandè ha
vissuto la svolta della propria vita grazie alla protesi in carbonio che
lo ha fatto diventare un vero e proprio “campioncino” dell’atletica
leggera. Ora sogna di partecipare alle Paralimpiadi del 2016, ma fa
anche un appello alle Istituzioni, per la situazione di isolamento in
cui vivono ancora tante persone con disabilità, specie nel Sud
dell’Italia
«Quando
da bambino sono divenuto disabile, ho cominciato a vedere la vita con
una luce diversa. E adesso corro velocissimo, grazie a una protesi in
carbonio che è diventata la mia “ala al piede”». Sono parole di
Francesco Comandè, ventiquattrenne di Taurianova, in provincia di Reggio
Calabria, di cui raccontiamo la storia oggi.
Francesco è un ragazzo solare, vivace, che ama scoprire le cose, curioso e desideroso di correre. Ma non l’ha più potuto fare da quando, all’età di 11 anni, ha avuto un brutto incidente, a causa di un trattore nelle campagne del suo paese. Nonostante l’amputazione della gamba, ha trovato dentro di sé la forza per non abbattersi e per non disperarsi. Soprattutto non riusciva a sopportare – più ancora che la stessa perdita dell’arto – la pena e il dolore che i genitori e i fratelli provavano per lui e allora ha voluto reagire anche per loro.
«A quell’età – racconta Francesco – l’unica cosa alla quale pensavo era giocare e divertirmi con gli altri bambini. L’amputazione è stata una cosa più grande di me che non capivo; però, da buon calabrese, sono testardo e non mi sono mai arreso. Ho affrontato le lunghe ospedalizzazioni sempre con il sorriso sulle labbra. Ho fatto tanti di quegli interventi che avrebbero demoralizzato il più forte degli uomini: uno ogni due settimane e per un anno intero. Poi una notte ho sognato San Pio da Pietrelcina, al quale sono molto devoto, che mi diceva che non avrei dovuto mollare mai. Spesso i credenti dicono che ognuno ha la sua Croce da portare in spalla, io ho la mia gamba!», conclude scanzonato.
«Ho avuto dei compagni di scuola fantastici – prosegue poi -, che non mi hanno mai fatto pesare che io avessi un piccolo problema». Lo stesso, però, non si può dire della gente. Francesco, infatti, ci racconta che quando ha potuto, la prima cosa che ha fatto è stata di andare al mare. Ma è stato traumatico. Perché c’erano delle mamme che imponevano ai propri figli di non guardarlo a causa dell’amputazione. Lui rimase molto scosso da quella cosa e per molti anni non andò più al mare.
Francesco è un ragazzo solare, vivace, che ama scoprire le cose, curioso e desideroso di correre. Ma non l’ha più potuto fare da quando, all’età di 11 anni, ha avuto un brutto incidente, a causa di un trattore nelle campagne del suo paese. Nonostante l’amputazione della gamba, ha trovato dentro di sé la forza per non abbattersi e per non disperarsi. Soprattutto non riusciva a sopportare – più ancora che la stessa perdita dell’arto – la pena e il dolore che i genitori e i fratelli provavano per lui e allora ha voluto reagire anche per loro.
«A quell’età – racconta Francesco – l’unica cosa alla quale pensavo era giocare e divertirmi con gli altri bambini. L’amputazione è stata una cosa più grande di me che non capivo; però, da buon calabrese, sono testardo e non mi sono mai arreso. Ho affrontato le lunghe ospedalizzazioni sempre con il sorriso sulle labbra. Ho fatto tanti di quegli interventi che avrebbero demoralizzato il più forte degli uomini: uno ogni due settimane e per un anno intero. Poi una notte ho sognato San Pio da Pietrelcina, al quale sono molto devoto, che mi diceva che non avrei dovuto mollare mai. Spesso i credenti dicono che ognuno ha la sua Croce da portare in spalla, io ho la mia gamba!», conclude scanzonato.
«Ho avuto dei compagni di scuola fantastici – prosegue poi -, che non mi hanno mai fatto pesare che io avessi un piccolo problema». Lo stesso, però, non si può dire della gente. Francesco, infatti, ci racconta che quando ha potuto, la prima cosa che ha fatto è stata di andare al mare. Ma è stato traumatico. Perché c’erano delle mamme che imponevano ai propri figli di non guardarlo a causa dell’amputazione. Lui rimase molto scosso da quella cosa e per molti anni non andò più al mare.
«La
mia vita – ricorda quindi – ha avuto una vera e propria svolta, quando
ho incontrato Giusy Versace [la nota atleta di origine calabrese
amputata agli arti inferiori, N.d.R], che mi ha stuzzicato a praticare
lo sport. L’avevo vista in TV, lei diceva grandi cose del fatto di
correre con delle particolari protesi, come quelle di Oscar Pistorius, e
io rimuginavo sul fatto che se si poteva correre senza le gambe, perché
non avrei potuto farlo io con una gamba sola? Così ho cercato in tutti i
modi di avvicinarmi a Giusy, tempestandola letteralmente di messaggi su
Facebook, come uno spasimante! Alla fine siamo diventati amici e ha
iniziato ad aiutarmi, facendomi conoscere l’ex presidente del Comitato
Italiano Paralimpico (CIP) della Calabria Titti Vinci».
Grazie a Vinci, dunque, da due anni Comandè è tesserato con la società reggina Asved con noi, che si occupa della pratica sportiva di bambini e giovani con disabilità. «E così in breve tempo ho vinto tre titoli regionali e medaglie d’oro nel lancio del peso, del disco e del giavellotto. Quest’anno, poi, ai Campionati Indoor di Ancona, ho vinto due medaglie d’argento nei 100 e nei 200 metri e sono arrivato terzo nella finale del lancio del disco».
Grazie a Vinci, dunque, da due anni Comandè è tesserato con la società reggina Asved con noi, che si occupa della pratica sportiva di bambini e giovani con disabilità. «E così in breve tempo ho vinto tre titoli regionali e medaglie d’oro nel lancio del peso, del disco e del giavellotto. Quest’anno, poi, ai Campionati Indoor di Ancona, ho vinto due medaglie d’argento nei 100 e nei 200 metri e sono arrivato terzo nella finale del lancio del disco».
Sembra
incredibile che questi risultati il giovane atleta calabrese li abbia
ottenuti solo tre mesi dopo avere iniziato a provare una nuova protesi
in carbonio. Queste “ali” fantastiche per chi le gambe non le ha, sono
molto costose e irraggiungibili. Ma grazie all’Associazione Disabili No
Limits, presieduta proprio da Giusy Versace, che si è occupata della
raccolta fondi per l’acquisto di protesi e carrozzine, Francesco ha
potuto finalmente correre, dopo undici anni dall’incidente.
Testardo e determinato, è lui stesso a renderci partecipi del sogno che desidera realizzare: «Con la mia società, ci siamo prefissati un’obiettivo grandioso: partecipare alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro del 2016!». E noi glielo auguriamo di cuore.
Testardo e determinato, è lui stesso a renderci partecipi del sogno che desidera realizzare: «Con la mia società, ci siamo prefissati un’obiettivo grandioso: partecipare alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro del 2016!». E noi glielo auguriamo di cuore.
A
margine infine a questa nostra intervista, Francesco desidera fare un
appello alle Istituzioni affinché ci sia un’attenzione maggiore nei
confronti delle persone con disabilità che, sottolinea, «non sono un
mondo a parte, ma parte integrante del tessuto sociale. Un appello
doveroso, che proviene dal Sud, dove ci sono ancora tante persone con
disabilità che vivono isolate. In particolare, faccio un appello alle
famiglie di alcuni miei amici disabili, affinché escano dall’isolamento
casalingo e diventino parte attiva della società, reclamando con forza i
diritti basilari spesso negati, iniziando proprio dalla pratica dello
sport, che restituisce autostima e forza d’animo a quanti hanno delle
limitazioni fisiche».
La spesa a ostacoli della signora Bruna
La mia rivincita sull'handicap? Scalare le montagne
Sette volte campione di
sci di fondo, nel 2007 primo atleta con protesi all'arto inferiore a
domare la vetta dell'Alpamayo, Gianfranco Corradini si prepara a
un'altra sfida: scalare la cima più alta del Caucaso. Vent'anni fa
perdeva la gamba in un incidente motociclistico, poco dopo, l'incontro
che gli cambierà la vita. "Senza testardaggine, di montagna, non se ne
riesce a salire nemmeno una"
ROMA - "Tu sei
fortunato. Male che vada, ti congeli una gamba sola". E scoppia in una
fragorosa risata. È con una battuta dei suoi amici più cari che,
Gianfranco Corradini, classe '55, atleta disabile, racconta cosa
l'aspetta il 10 settembre, quando inizierà l'ascesa al monte Elbrus,
5.642 metri, la cima più alta del Caucaso russo. Già sette volte
campione di sci di fondo e con alle spalle un curriculum d'alpinista di
tutto rispetto, Corradini partirà alla volta dell'Asia per battere un
altro record, dopo quello del 2007 quando fu il primo atleta con protesi
all'arto inferiore a domare la vetta dell'Alpamayo, sulle Ande
peruviane (5.947 metri). Anche se, ora, preferisce non pensare alla
"montagna più bella del mondo" (così, l'ha definita l'Unesco) ma
"concentrarsi sulla scalata". "Quella dell'Alpamayo - racconta - è stata
una scalata più tecnica. Una parte del percorso, almeno 600 metri, era
intermente ghiacciata e con una pendenza del 70%. In questo caso,
invece, il problema maggiore saranno i bruschi cambiamenti climatici".
Unico elemento lasciato al caso, quindi, la meteorologia. Per il resto,
un allenamento studiato a tavolino ("Mi alleno 4-5 volte a settimana,
andando in bici, camminando e salendo in quota. Senza esagerare,
altrimenti sforzo troppo la gamba") e una fede incrollabile nelle
proprie capacità.
L'alpinista della Val
di Non, che più di vent'anni fa perse la gamba sinistra in un incidente
automobilistico, è la prova vivente che le barriere sono, a volte, solo
mentali. Grazie all'ausilio di una protesi speciale per l'alpinismo
progettata dall'Inail di Vigorso di Budrio, Corradini si è inerpicato un
po' ovunque: dal Monte Bianco alle Punte Gnifetti, da Bishorn e Burnaby
nel Gruppo del Rosa, passando per Weissmies, Grossglockner, Piz Buin,
Cevedale, Cima Ortles e Gran Zebrù. E poi ancora, su per il Palon de la
Mar, il Monte Rosole e il San Matteo. Instancabile, non si è risparmiato
pericolanti arrampicate su pareti di ghiaccio e neve, con pendenze che
sfiorano il 70%, come Presanella, Cristallo e Marmolada.
Scalare, sciare, sono
state "la mia rivincita sull'handicap", dichiara lui che, pur, facendo
parte di una famiglia di sportivi, prima dell'infortunio, a soli 22
anni, non era un atleta così appassionato. "Dopo l'incidente, ho
iniziato a fare della passeggiate che, con il tempo, diventavano sempre
più lunghe. A un certo punto, ho iniziato a salire. E da quel momento
non mi sono più fermato". L'incontro che gli ha cambiato la vita è stato
quello con Roberto Diaz, una guida alpina che l'accompagna da sempre
nelle sue spedizioni. È lui, afferma, ad avergli dato l'input: "Dipende
da te, mi diceva. Lo decidi tu, se vuoi andare più in alto". E
Gianfranco, ha deciso. Perché, per lui è chiaro che "senza
testardaggine, di montagna, non se ne riesce a salire nemmeno una". fonte:http://www.ufficiodisabili.it/
giovedì 29 novembre 2012
Se un cucciolo migliora l'autismo
Un amico peloso donato dopo i cinque anni aumenterebbe empatia e capacità di condivisione
Comunque, questo effetto non è stato rilevato nei bambini che hanno cuccioli in famiglia dalla nascita. I ricercatori affermano che la causa di ciò possa essere individuata nel valore di novità che assume un cucciolo portato in casa più tardi. Tale elemento rafforzerebbe i legami familiari aumentando l'interazione reciproca tra i membri.
Gli studi
Marine Grandgeorge e i suoi colleghi hanno realizzato due studi che sono stati pubblicati su Plos One.Nel primo, hanno analizzato ventiquattro bambini autistici con un'età media di undici anni. Metà dei bambini ha ricevuto un cane, un gatto o un coniglio dopo aver compiuto i cinque anni mentre gli altri non hanno mai avuto un cucciolo. I genitori dei bambini hanno completato un questionario utilizzato comunemente per diagnosticare l'autismo sia quando i bambini hanno compiuto cinque anni che al termine dello studio.
I risultati hanno evidenziato che i bambini con un cucciolo sono maggiormente in grado di condividere cibo o giocattoli sia con i loro genitori che con altri bambini e inoltre riescono a offrire conforto quando qualcuno è triste o ferito.
Un secondo studio, invece, ha comparato otto bambini che avevano un cucciolo in casa fin dalla nascita e otto che non ne hanno mai avuti. Non è risultato alcun miglioramento tra i bambini con un amico peloso rispetto agli altri.
Gli scienziati affermano che i bambini passano più tempo a giocare e a coccolare i cuccioli se li ricevono da piccoli, mentre coloro che hanno da sempre un animaletto in famiglia mostrano una minore interazione. I ricercatori precisano che altri studi hanno mostrato che i cuccioli migliorano autostima ed empatia tra i bambini con uno sviluppo particolare.
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Donna disabile vince causa contro colosso dell'abbigliamento
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Barriere addio, sull'Etna sci per disabili
Parte lo Sli tour: discese, escursioni sulla neve e gare
Tutto possibile da seduti, grazie a speciali supporti
MEDICI - A fare da angeli custodi ci sono i medici dell'Unità Spinale dell'ospedale Cannizzaro ed i volontari dell'associazione Auspica: lunedì mattina saranno loro a spiegare nel dettaglio l'avventura 2013, che festeggia sull'Etna i dieci anni di attività sulla neve. L'obiettivo è quello di far diventare lo Sky Tour un appuntamento fisso, e coltivare la passione dello sci facendo conoscere sempre di più questa possibilità a miolesi, paraplegici e tetraplegici. L'aspetto più interessante è quello dell'autonomia: il monosci, infatti, permette di sciare da soli, senza alcun supporto. E poi l'emozione della velocità e della libertà di movimento senza limiti: il monosci, infatti, sfreccia veloce sulle piste e regala una sensazione mai provata prima da chi ha difficoltà motorie.
fonte:http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/
Senza mani, dipinge capolavori usando bocca e piedi
Il cinese Huang Gofu è senza mani dopo un incidente all'età di 4 anni e nonostante ciò dipinge capolavori.
Huang ha iniziato a dipingere a 12 anni e a 18 ha iniziato un viaggio in altre città cinesi, creando strabilianti dipinti sulle pareti e vendendo i suoi ritratti.
fonte:http://www.fanpage.it/
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Rapinò un disabile e picchiò la badante ma pesa 200 chili e non andrà in carcere
VENEZIA - É stato condannato a 4 anni e 8 mesi per aver rapinato un settantenne disabile e picchiato la sua badante.
Ma con ogni probabilità Claudio Frison, 45enne di Mira (Venezia), che
aveva già accumulato vari anni per altre condanne, non finirà in
carcere, a causa delle sue precarie condizioni di salute, più volte
giudicate incompatibili con la detenzione: pesa oltre 200 chili e soffre
di gravi patologie. Il suo difensore, l’avvocato Andrea Faraon, ha già
annunciato che chiederà la grazia.
Il processo, per questo episodio particolarmente odioso, si è tenuto ieri, con rito abbreviato, davanti al giudice per l’udienza preliminare, Daniela Defazio. A rappresentare l’accusa il pm, Carlotta Franceschetti, che aveva chiesto una pena leggermente inferiore: 4 anni, 3 mesi e 3.000 euro di multa. Per la condanna ha insistito anche l’avvocato Mario Allegra, di Vicenza, che si è costituito parte civile per il disabile e la sua badante. Il giudice ha inflitto 4 anni, 8 mesi e 2.000 euro, condannando Frison anche al pagamento delle parte civili, fissando una provvisionale di 5.000 euro per la donna picchiata e 1.500 per l’anziano disabile.
Il fatto risale all’agosto del 2010. Frison, con un complice, entrò nella casa di Zelarino dove viveva l’anziano disabile, immobilizzato su una sedia a rotelle, con la badante, un’ungherese di 34 anni. Fu un’aggressione selvaggia - la donna riportò la frattura di quattro costole e la perforazione di un polmone - per un bottino di 1.800 euro, carte di credito e un bancomat. Frison venne arrestato e confessò. Venne individuato anche il presunto complice, la cui posizione, però, venne archiviata. In questi anni non è mai stato trovato un carcere in grado di accogliere Frison, le cui condizioni, nel frattempo, sono peggiorate.
Il processo, per questo episodio particolarmente odioso, si è tenuto ieri, con rito abbreviato, davanti al giudice per l’udienza preliminare, Daniela Defazio. A rappresentare l’accusa il pm, Carlotta Franceschetti, che aveva chiesto una pena leggermente inferiore: 4 anni, 3 mesi e 3.000 euro di multa. Per la condanna ha insistito anche l’avvocato Mario Allegra, di Vicenza, che si è costituito parte civile per il disabile e la sua badante. Il giudice ha inflitto 4 anni, 8 mesi e 2.000 euro, condannando Frison anche al pagamento delle parte civili, fissando una provvisionale di 5.000 euro per la donna picchiata e 1.500 per l’anziano disabile.
Il fatto risale all’agosto del 2010. Frison, con un complice, entrò nella casa di Zelarino dove viveva l’anziano disabile, immobilizzato su una sedia a rotelle, con la badante, un’ungherese di 34 anni. Fu un’aggressione selvaggia - la donna riportò la frattura di quattro costole e la perforazione di un polmone - per un bottino di 1.800 euro, carte di credito e un bancomat. Frison venne arrestato e confessò. Venne individuato anche il presunto complice, la cui posizione, però, venne archiviata. In questi anni non è mai stato trovato un carcere in grado di accogliere Frison, le cui condizioni, nel frattempo, sono peggiorate.
fonte:http://www.ilmattino.it/
mercoledì 28 novembre 2012
Disabili: giovane con tetraparesi spastica si laurea su trasporti
CAGLIARI – Con una tesi dal titolo “Trasporti aerei e disabilita’” Paolo
Puddu, ragazzo con tetraparesi spastica di 27 anni, socio
dell’Associazione Bambini Cerebrolesi Sardegna, comunica con gli occhi
attraverso una tavoletta nella quale sono indicate le lettere, domani si
laurea in Lettere per diventare un operatore culturale del turismo.
Tutto il percorso prima scolastico poi universitario di Paolo – si legge in una nota dell’Abc – e’ un esempio virtuoso di come se i progetti vengono adeguatamente sostenuti (attivando una adeguata rete di sostegni) si ottengono risultati strepitosi e si migliora il benessere delle persone e della societa’.
In particolare Paolo – prosegue la nota – ha un’assistenza personalizzata, degli educatori che lo aiutano nella comunicazione e nella sua autonomia personale, permettendogli di frequentare le lezioni all’universita’, di studiare e di prepararsi e di sostenere gli esami, insomma di vivere una vita indipendente; questo anche grazie alla legge 162/98, il piano basato su un intervento cooprogettato e personalizzato, legge che e’ diventata Il modello Sardegna, invidiato in tutta Italia.
Rischiare di perdere questi servizi significherebbe rischiare che tanti, anche come Paolo, non riescano piu’ a vivere la loro vita dignitosamente. In questo contesto la recente battaglia di Salvatore Usala per il ripristino del Fondo per la non autosufficienza con 400 milioni di euro fa capire quanto sia importante lottare per non fare passi indietro e per non perdere i diritti cosi’ faticosamente ottenuti con tanta fatica e fortemente voluti dalle famiglie e dalle persone con disabilita’, nemmeno in Sardegna.
fonte: http://www.agi.it/
Tutto il percorso prima scolastico poi universitario di Paolo – si legge in una nota dell’Abc – e’ un esempio virtuoso di come se i progetti vengono adeguatamente sostenuti (attivando una adeguata rete di sostegni) si ottengono risultati strepitosi e si migliora il benessere delle persone e della societa’.
In particolare Paolo – prosegue la nota – ha un’assistenza personalizzata, degli educatori che lo aiutano nella comunicazione e nella sua autonomia personale, permettendogli di frequentare le lezioni all’universita’, di studiare e di prepararsi e di sostenere gli esami, insomma di vivere una vita indipendente; questo anche grazie alla legge 162/98, il piano basato su un intervento cooprogettato e personalizzato, legge che e’ diventata Il modello Sardegna, invidiato in tutta Italia.
Rischiare di perdere questi servizi significherebbe rischiare che tanti, anche come Paolo, non riescano piu’ a vivere la loro vita dignitosamente. In questo contesto la recente battaglia di Salvatore Usala per il ripristino del Fondo per la non autosufficienza con 400 milioni di euro fa capire quanto sia importante lottare per non fare passi indietro e per non perdere i diritti cosi’ faticosamente ottenuti con tanta fatica e fortemente voluti dalle famiglie e dalle persone con disabilita’, nemmeno in Sardegna.
fonte: http://www.agi.it/
I due fratelli che tornano bambini come Benjamin Button
Si chiamano Michael e Matthew Clark i due fratelli britannici che soffrono di una insolita malattia che inverte gli effetti del comportamento e li fa comportare come bambini. I fratelli hanno 42 e 39 anni, ma sembrano bambini di 10 anni
La storia ricorda molto il film con Brad Pitt, Il curioso caso di Benjamin Button, dove il protagonista, invece di crescere e invecchiare, regrediva fino a tornare bambino. Ed è stato così anche per i Clark: sono stati costretti a tornare a vivere dai loro genitori perché la patologia li fa comportare come bambini, nonostante abbiano 39 e 42 anni.
La notizia dei fratelli Benjamin Button è rimbalzata sulla stampa britannica, che racconta come i due abbiano ricevuto la diagnosi di leucodistrofia, che colpisce circa 100 adulti nel Regno Unito, lo scorso anno e subito una regressione psicologica molto pesante. La leucodistrofia fa parte di un gruppo di disturbi neurologici causati da danni alla guaina mielinica, la pellicola di protezione che circonda le fibre nervose nel cervello. Quando le terminazioni nervose sono danneggiate, il cervello smette di inviare messaggi corretti e il corpo non è più in grado di eseguire funzioni di base come camminare, parlare e deglutire.
Su Mirror si legge che il 42enne Michael, ormai ex militare, si calcola abbia ora l'età mentale di un bambino di 10 anni, mentre il più piccolo, Matthew, già operaio e con una figlia di 19 anni a sua volta in attesa di un bebè, è finito senza un tetto dopo aver perso il lavoro e dopo aver subito lo sfratto proprio a causa della malattia.
I genitori dei due sfortunati fratelli, Anthony Clark, 63, e sua moglie Christine, 61, hanno dichiarato di aver sofferto terribilmente nel vedere crescere e allo stesso tempo regredire i loro figli in un totale senso di impotenza. La diagnosi è arrivata dopo che Matthew è stato sottoposto a una risonanza magnetica: i medici gli hanno chiesto se avesse fratelli o sorelle perché temevano che la leucodistrofia potesse aver colpito anche loro. E infatti poi è arrivata la triste conferma anche per Michael. Così Anthony e Christine hanno cambiato casa, ne hanno presa una più grande per accogliere di nuovo i figli.
fonte:http://esteri.liquida.it/
Vuole partecipare alle gare di scherma paralimpica, ma l'azienda sanitaria non fa più i certificati
Angelo Marra, atleta in carrozzina, nel 2010 si è tesserato come
atleta al circolo della scherma di Reggio Calabria. Quest'anno vorrebbe
sperimentare come arma anche la spada e partecipare alla prima prova
zonale Centro-Sud di scherma in carrozzina, in programma per il 9
dicembre prossimo a Napoli. Ma non riesce ad avere il certificato di
idoneità agonistica
REGGIO CALABRIA - Nel 2010 si è tesserato come atleta (categoria b) al
circolo della scherma di Reggio Calabria ed ha partecipato ai campionati
assoluti di scherma paralimpica a Livorno. L'anno scorso è stato a
Napoli dove si è cimentato nelle prove per la zona del Centro-Sud e dove
ha conquistato il terzo gradino del podio. In entrambi i casi si è
destreggiato con sciabola e fioretto. Quest'anno vorrebbe sperimentare
come arma anche la spada e partecipare alla prima prova zonale
Centro-Sud di scherma in carrozzina, in programma per il 9 dicembre
prossimo a Napoli. C'è però il problema che, nonostante non sia alla
prima competizione in questa disciplina sportiva, non riesce ad ottenere
il certificato di idoneità agonistica. Protagonista della vicenda è il
reggino Angelo Marra, trent'anni, avvocato e dottore di Ricerca in
Diritto civile, che per la tetraparesi spastica subentrata alla nascita
vive e si muove in carrozzina. Per ottenere il certificato, il giovane
professionista ha inoltrato la richiesta, formulata dal proprio medico
di base, alla struttura di Medicina dello sport dell'Azienda sanitaria
provinciale di Reggio Calabria. Come unico riscontro si è sentito
rispondere al telefono che "la struttura in questione, non è in grado di
fare la visita sportiva con l'elettrocardiogramma sotto sforzo. Non c'è
più il medico che c'era fino a qualche tempo fa e non si fanno più
visite sportive ai disabili".
Marra si chiede, amareggiato, come mai non sia più possibile effettuare questo tipo di accertamenti per le persone con disabilità. "Parlo per me e per chi come me vuole impegnarsi in qualche sport e partecipare a delle gare - afferma Marra -. Non è possibile che non si possa ottenere il certificato perché nell'ufficio preposto dell'Asp non c'è più il medico degli anni scorsi o perché, così come ci viene detto, che non sono più validi i vecchi metodi. Allora, se bisogna adottare delle nuove prassi per rilasciare i certificati, è la struttura sanitaria che si deve aggiornare ed attrezzare in tal senso".L'avvocato insiste e ribadisce che "il diritto per i disabili a partecipare a delle manifestazioni sportive, è garantito dall'articolo 30 della legge 104/92. Inoltre lo Stato italiano ha ratificato nel 2009 la Convenzione Onu sui diritti per le persone con disabilità. Perciò - sottolinea ancora il professionista reggino - negare la possibilità ad un disabile di partecipare ad una competizione, è la palese violazione di un diritto oltre che un atto di grave discriminazione". Questa l'ennesima battaglia di Angelo Marra che è anche componente della Fish ( Federazione italiana superamento handicap) e consulente legale dell'Ufficio nazionale antidiscriminazione: un giovane che ha dedicato la sua vita all' impegno sociale e civile, a favore di chi non a voce, di chi ogni giorno vede negati i propri diritti.
fonte:http://www.superabile.it/
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Più rischi di autismo con lo smog
Probabilità fino a tre volte superiori con un'esposizione neonatale all'inquinamento
Nei bambini affetti da questa patologia sono state riscontrate probabilità da due a tre volte maggiori di essere stati esposti ai fumi esalati dal tubo scappamento, allo smog e ad altre sostanze inquinanti dell'aria nei primi giorni di vita rispetto agli altri. Questi i risultati di un nuovo studio condotto dalla University of Southern California e pubblicato su Archives of General Psychiatry.
La ricerca
Gli scienziati hanno analizzato cinquecento bambini residenti nello Stato della California: grosso modo la metà era affetta da autismo. Le madri dei piccoli hanno fornito l'indirizzo in cui hanno vissuto durante la gravidanza e il primo anno di vita del bambino. I ricercatori hanno raccolto questi dati - insieme con quelli del volume di traffico, delle emissioni dei veicoli, modelli meteorologici e le stime locali di sostanza inquinanti come le particelle sottili, ossidi di azoto e loro miscele e ozono – per stimare l'esposizione verosimile all'inquinamento dei piccoli.
In base ai risultati, i bambini esposti a un maggior numero di sostanze inquinanti avevano un numero di probabilità di essere autistici rispetto a coloro che erano stati esposti alle minori concentrazioni di sostanze tossiche.
Questa conclusione, tuttavia, non prova in modo definitivo che l'inquinamento sia la radice dell'autismo. Concetto esplicitato da Heather Volk, autore principale dello studio: "Non stiamo dicendo che l'inquinamento atmosferico causa l'autismo. Ma che potrebbe essere un fattore di rischio. Si tratta di un disturbo complesso ed è verosimile che molti fattori contribuiscano al suo sviluppo".
In particolare, secondo l'esperta, le differenze genetiche potrebbero rendere alcuni bambini più suscettibili di altri nei confronti di eventuali danni derivati da stimoli ambientali come le sostanze inquinanti. Comunque, i cambiamenti dell'inquinamento atmosferico non spiegano del tutto l'impennata della diffusione del disturbo che si è registrata negli ultimi trent'anni.
Gli scienziati hanno analizzato cinquecento bambini residenti nello Stato della California: grosso modo la metà era affetta da autismo. Le madri dei piccoli hanno fornito l'indirizzo in cui hanno vissuto durante la gravidanza e il primo anno di vita del bambino. I ricercatori hanno raccolto questi dati - insieme con quelli del volume di traffico, delle emissioni dei veicoli, modelli meteorologici e le stime locali di sostanza inquinanti come le particelle sottili, ossidi di azoto e loro miscele e ozono – per stimare l'esposizione verosimile all'inquinamento dei piccoli.
In base ai risultati, i bambini esposti a un maggior numero di sostanze inquinanti avevano un numero di probabilità di essere autistici rispetto a coloro che erano stati esposti alle minori concentrazioni di sostanze tossiche.
Questa conclusione, tuttavia, non prova in modo definitivo che l'inquinamento sia la radice dell'autismo. Concetto esplicitato da Heather Volk, autore principale dello studio: "Non stiamo dicendo che l'inquinamento atmosferico causa l'autismo. Ma che potrebbe essere un fattore di rischio. Si tratta di un disturbo complesso ed è verosimile che molti fattori contribuiscano al suo sviluppo".
In particolare, secondo l'esperta, le differenze genetiche potrebbero rendere alcuni bambini più suscettibili di altri nei confronti di eventuali danni derivati da stimoli ambientali come le sostanze inquinanti. Comunque, i cambiamenti dell'inquinamento atmosferico non spiegano del tutto l'impennata della diffusione del disturbo che si è registrata negli ultimi trent'anni.
La mia vita da paraplegico
MILANO - Raccontare la propria vita da paraplegico su YouTube. È
quello che da diversi anni fa Chris Colwell, ex istruttore di
paracadutismo che per salvare la vita a un suo allievo è finito sulla
sedia a rotelle. Il quarantenne ha iniziato la sua seconda vita
virtuale postando sul web proprio il video del tremendo incidente dell'aprile 2003 . Successivamente, anche grazie allo stimolo della blogosfera, ha pubblicato diversi filmati in cui racconta la sua difficile quotidianità
nella speranza di aiutare le persone che si trovano nella sua medesima
condizione e vivono la malattia in silenzio e nel dolore.
L'INCIDENTE - Come racconta il sito web di France 24 la vita di Chris è cambiata otto anni fa. L'istruttore di paracadutismo si lanciò assieme a un allievo da un aereo nei cieli della Florida. Aveva una telecamera legata alla testa che riprese ogni attimo di quel tremendo volo. Il giovane allievo si lanciò troppo velocemente e l'istruttore tentò di raggiungerlo per frenare la caduta. Purtroppo durante il tentativo di salvataggio la testa di Colwell picchiò contro il petto del ragazzo e l'istruttore si spezzò il collo. Fu salvato dal paracadute d'emergenza che si aprì automaticamente. Da allora Chris è paraplegico e la sua vita è completamente cambiata: oggi vive a Dubai e passa la maggior parte del suo tempo in casa. Nonostante incontri grandi difficoltà a scrivere e a postare i video, Chris afferma che Internet gli rende la vita meno difficile: «Ho cominciato a postare filmati su YouTube un anno e mezzo dopo essere diventato paraplegico. Ho iniziato pubblicando il video del mio incidente. Subito ho ricevuto svariate domande da ogni sorta di persona. Sono loro che mi hanno chiesto di postare filmati personali per dividere assieme pensieri e momenti di vita quotidiana».
AIUTO - La maggior parte dei paraplegici preferisce vivere la
propria infermità in silenzio - afferma Chris - ma l'unico modo per
sentirsi ancora vivi è quello di uscire allo scoperto e dividere il
proprio dolore con gli altri: «La scelta di mostrare la mia vita senza
preoccuparmi dei giudizi della gente si è rilevata un'ancora di
salvezza per altre persone che si nascondeva a causa della disabilità o
per altri problemi. Nei miei video cerco di trasmettere alle persone
l'idea che bisogna sentirsi vivi adesso e bisogna avere la volontà di
cambiare». Dopo Chris anche altre paraplegici hanno imitato il suo
esempio: «Ragazzi come Doug e Mac
che io ho seguito da vicino e che adesso sono miei amici, hanno fatto
passi da gigante mostrando la realtà delle loro vita attraverso i
video. Aiutare le persone dà un significato alla mia vita. Ho fatto
nuove amicizie grazie ai miei video e diversi sconosciuti son venuti a
trovarmi in Florida quando vivevo ancora in America. Sebbene passi la
maggior parte del mio tempo in casa e i miei movimenti siano limitati,
Internet mi aiuta realmente a stare connesso con gli altri».
fonte:http://www.corriere.it/
L'INCIDENTE - Come racconta il sito web di France 24 la vita di Chris è cambiata otto anni fa. L'istruttore di paracadutismo si lanciò assieme a un allievo da un aereo nei cieli della Florida. Aveva una telecamera legata alla testa che riprese ogni attimo di quel tremendo volo. Il giovane allievo si lanciò troppo velocemente e l'istruttore tentò di raggiungerlo per frenare la caduta. Purtroppo durante il tentativo di salvataggio la testa di Colwell picchiò contro il petto del ragazzo e l'istruttore si spezzò il collo. Fu salvato dal paracadute d'emergenza che si aprì automaticamente. Da allora Chris è paraplegico e la sua vita è completamente cambiata: oggi vive a Dubai e passa la maggior parte del suo tempo in casa. Nonostante incontri grandi difficoltà a scrivere e a postare i video, Chris afferma che Internet gli rende la vita meno difficile: «Ho cominciato a postare filmati su YouTube un anno e mezzo dopo essere diventato paraplegico. Ho iniziato pubblicando il video del mio incidente. Subito ho ricevuto svariate domande da ogni sorta di persona. Sono loro che mi hanno chiesto di postare filmati personali per dividere assieme pensieri e momenti di vita quotidiana».
fonte:http://www.corriere.it/
martedì 27 novembre 2012
Vediamo un po' in Svizzera come vanno le cose...
NEUCHÂTEL - In Svizzera, due terzi delle persone disabili esercitano
un'attività professionale. Tra queste, un po' più di un quarto (26%)
riceve un aiuto, tasso che sale al 59% per le persone con grave disabilità. È quanto emerge da un rapporto pubblicato oggi
dall'Ufficio federale di statistica (UST).
L'aiuto ricevuto può variare da un accorgimento organizzativo (lavoro sedentario, telelavoro, orari flessibili o lavoro meno fisico, 17%), a un'assistenza personale (aiuto da parte di una terza persona, 10%) a un ausilio di apparecchiature speciali (compresa la sistemazione del posto di lavoro, 7%), precisa oggi l'UST in una nota.
Dalla pubblicazione risulta ancora che il 73% delle persone con handicap dichiara di essere limitato nell'esercizio dell'attività professionale a causa dei propri problemi di salute. Le limitazioni più frequenti riguardano il tipo di attività (menzionato nel 62% dei casi) e il volume del lavoro (51%), mentre solo il 28% dei casi sono legati allo spostamento.
L'anno scorso le persone disabili attive professionalmente erano circa 600'000 in Svizzera, pari all'11% della popolazione tra i 15 e i 64 anni. Di queste, 150'000 si sono dichiarate fortemente limitate nell'esercizio del proprio lavoro.
fonte:http://www.tio.ch/
L'aiuto ricevuto può variare da un accorgimento organizzativo (lavoro sedentario, telelavoro, orari flessibili o lavoro meno fisico, 17%), a un'assistenza personale (aiuto da parte di una terza persona, 10%) a un ausilio di apparecchiature speciali (compresa la sistemazione del posto di lavoro, 7%), precisa oggi l'UST in una nota.
Dalla pubblicazione risulta ancora che il 73% delle persone con handicap dichiara di essere limitato nell'esercizio dell'attività professionale a causa dei propri problemi di salute. Le limitazioni più frequenti riguardano il tipo di attività (menzionato nel 62% dei casi) e il volume del lavoro (51%), mentre solo il 28% dei casi sono legati allo spostamento.
L'anno scorso le persone disabili attive professionalmente erano circa 600'000 in Svizzera, pari all'11% della popolazione tra i 15 e i 64 anni. Di queste, 150'000 si sono dichiarate fortemente limitate nell'esercizio del proprio lavoro.
fonte:http://www.tio.ch/
Lo sciopero degli educatori precari senza diritti
Immagina un giorno senza quelli che assistono i disabili, integrano le mancanze della scuola, assistono a domicilio le persone bisognose: gli educatori, spesso precari, molte volte in condizioni contrattuali e lavorative tremende. Venerdì 30 novembre gli educatori del consorzio CoDeBri che lavorano in Brianza saranno in sciopero.
Chiedono rispetto: lavorano senza contratto da mesi, vengono pagati a
cottimo e non hanno garanzia di reddito a fine mese. Non solo
percepiscono 6/7 euro l’ora. Se un alunno disabile è assente da scuola
non vengono pagati. Se c’è la gita scolastica, non vengono pagati.
Abbiamo intervistato un educatore precario.
In che condizioni lavorate? Quali sono i problemi? Forse non tutti sanno cosa significa fare l’educatore, la disastrosa condizione in cui ci troviamo.In tutta Italia gli educatori si stanno mobilitando perché non sono considerati una categoria ma fanno riferimento ai contratti delle cooperative sociali. In più, le nostre cooperative non rispettano nemmeno quel contratto nazionale, nel silenzio generale, come se ciò fosse corretto. Lavoriamo senza contratto da quasi un anno e ora ci chiedono una riduzione secca di oltre il 38% del nostro salario. Non rispettano il nostro monte ore, così non abbiamo nessuna garanzia arrivare a fine mese. Per esempio, nei tre mesi estivi noi non siamo pagati mentre potremmo essere impiegati in servizi educativi quali i centri estivi in gestione alle stesse cooperative per cui lavoriamo e che assumono altri lavoratori a progetto, spesso non qualificati, con paghe ancora più umilianti.
Avete esigenze particolari rispetto ad altri lavoratori?Il lavoro di educatore richiede molta formazione permanente. Il nostro è un mestiere che ha a che fare con il disagio e la sofferenza e il nostro strumento principale siamo noi stessi con le nostre capacità relazionali ed empatiche oltre che organizzative e metodologiche. Tutto questo però non è a costo zero! Oggi invece sempre più spesso corsi di formazione e sostegni psicologici sono a carico del lavoratore stesso e lasciati alla libera scelta di ognuno.
Quanti educatori lavorano nelle coop brianzole?Le cooperative per le quali lavoriamo sono Meta, Tre Effe e Sociale della Brianza che sono consociate nel Consorzio Comunità Brianza che ha sede a Monza, sull’appalto dove lavoriamo sono impiegati 100-120 educatori ma il CCB è una realtà molto grossa con oltre 1600 lavoratori e un fatturato di oltre 74 milioni di Euro.
Qual è la vostra richiesta principale?Anzitutto il rispetto del contratto di lavoro! Ci sembra il minimo, ma vorremmo anche che attraverso la nostra battaglia anche altri colleghi che lavorano sui diversi servizi di Monza e della Brianza si attivassero per pretendere migliore trattamento economico, osservanza delle procedure per svolgere al meglio il nostro lavoro (supervisioni, corsi di formazione, tutoring ecc), riconoscimento della nostra figura professionale.
Siete riusciti a coinvolgere gli utenti dei servizi, per esempio i genitori?Sì, si sono stati subito partecipi e ci hanno espresso solidarietà, visto che questi tagli spesso colpiscono loro e i loro figli con continue diminuzioni orarie del servizio di assistenza scolastica o domiciliare.
Se i comuni non riescono a sostenere spese maggiori, come potranno migliorare le vostre condizioni mantenendo i servizi?Si potrebbe spendere meno e meglio assumendoci direttamente, visto che la nostra paga è molto bassa ma il servizio costa ai comuni oltre 20 euro all’ora. Da anni la gestione dei servizi pubblici con appalti al ribasso danneggia la qualità del servizio aumentando la condizione di disagio e malessere dell’intera comunità: bambini, famiglie, anziani, persone con disabilità e, non da ultimi, i lavoratori. Quindi c’è da chiedersi se questo non è un danno peggiore creato ai cittadini e che i comuni prima o poi si troveranno comunque a pagare sotto altre forme.
Come avete organizzato lo sciopero?Lo sciopero è stato possibile grazie al lavoro degli educatori stessi che da mesi sono in mobilitazione, e abbiamo già ricevuto moltissime adesioni da educatori di tutta Italia tramite la nostra pagina Facebook e il nostro blog.
fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it/
In che condizioni lavorate? Quali sono i problemi? Forse non tutti sanno cosa significa fare l’educatore, la disastrosa condizione in cui ci troviamo.In tutta Italia gli educatori si stanno mobilitando perché non sono considerati una categoria ma fanno riferimento ai contratti delle cooperative sociali. In più, le nostre cooperative non rispettano nemmeno quel contratto nazionale, nel silenzio generale, come se ciò fosse corretto. Lavoriamo senza contratto da quasi un anno e ora ci chiedono una riduzione secca di oltre il 38% del nostro salario. Non rispettano il nostro monte ore, così non abbiamo nessuna garanzia arrivare a fine mese. Per esempio, nei tre mesi estivi noi non siamo pagati mentre potremmo essere impiegati in servizi educativi quali i centri estivi in gestione alle stesse cooperative per cui lavoriamo e che assumono altri lavoratori a progetto, spesso non qualificati, con paghe ancora più umilianti.
Avete esigenze particolari rispetto ad altri lavoratori?Il lavoro di educatore richiede molta formazione permanente. Il nostro è un mestiere che ha a che fare con il disagio e la sofferenza e il nostro strumento principale siamo noi stessi con le nostre capacità relazionali ed empatiche oltre che organizzative e metodologiche. Tutto questo però non è a costo zero! Oggi invece sempre più spesso corsi di formazione e sostegni psicologici sono a carico del lavoratore stesso e lasciati alla libera scelta di ognuno.
Quanti educatori lavorano nelle coop brianzole?Le cooperative per le quali lavoriamo sono Meta, Tre Effe e Sociale della Brianza che sono consociate nel Consorzio Comunità Brianza che ha sede a Monza, sull’appalto dove lavoriamo sono impiegati 100-120 educatori ma il CCB è una realtà molto grossa con oltre 1600 lavoratori e un fatturato di oltre 74 milioni di Euro.
Qual è la vostra richiesta principale?Anzitutto il rispetto del contratto di lavoro! Ci sembra il minimo, ma vorremmo anche che attraverso la nostra battaglia anche altri colleghi che lavorano sui diversi servizi di Monza e della Brianza si attivassero per pretendere migliore trattamento economico, osservanza delle procedure per svolgere al meglio il nostro lavoro (supervisioni, corsi di formazione, tutoring ecc), riconoscimento della nostra figura professionale.
Siete riusciti a coinvolgere gli utenti dei servizi, per esempio i genitori?Sì, si sono stati subito partecipi e ci hanno espresso solidarietà, visto che questi tagli spesso colpiscono loro e i loro figli con continue diminuzioni orarie del servizio di assistenza scolastica o domiciliare.
Se i comuni non riescono a sostenere spese maggiori, come potranno migliorare le vostre condizioni mantenendo i servizi?Si potrebbe spendere meno e meglio assumendoci direttamente, visto che la nostra paga è molto bassa ma il servizio costa ai comuni oltre 20 euro all’ora. Da anni la gestione dei servizi pubblici con appalti al ribasso danneggia la qualità del servizio aumentando la condizione di disagio e malessere dell’intera comunità: bambini, famiglie, anziani, persone con disabilità e, non da ultimi, i lavoratori. Quindi c’è da chiedersi se questo non è un danno peggiore creato ai cittadini e che i comuni prima o poi si troveranno comunque a pagare sotto altre forme.
Come avete organizzato lo sciopero?Lo sciopero è stato possibile grazie al lavoro degli educatori stessi che da mesi sono in mobilitazione, e abbiamo già ricevuto moltissime adesioni da educatori di tutta Italia tramite la nostra pagina Facebook e il nostro blog.
fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it/
Steve, l'incredibile artista che dipinge con la bocca
Affetto da una grave malattia agli arti superiori, il 50enne Steve Chambers è riuscito comunque a coltivare la sua passione: la pittura. Per poter ovviare al suo handicap, ha deciso di cimentarsi nella pittura con la bocca. I risultati sono davvero straordinari.
"La gente crede che mi ci siano voluti anni per imparare a dipingere con la bocca, ma per me è naturale come per voi usare un cucchiaio con la mano", ha dichiarato Steve intervistato dal Daily Mail.
fonte:http://www.cadoinpiedi.it/
Auto blu davanti rampa disabili. L'autista infastidito mi dice che c'è spazio per carrozzelle
Caro Mattino,
forse non servirà a nulla, ma giovedì 22 c.m. ore 8.45 circa autogrill Torre Annunziata sulla A3 verso sud auto con lampeggiante (spento) - vedi foto - a parcheggio semideserto - e comunque non sarebbe una giustificazione occupa lo spazio antistante la rampa di accesso riservata ai disabili.
Alle mie rimostranze in proposito i due occupanti autista (lacchè) e accompagnato non fregandosene altamente entravano al bar per consumare e uscendo solo 10 min dopo! alle mie ulteriori osservazioni circa l'abuso di posizione e di parcheggio mi si faceva miseramente osservare che c'era spazio per acceder alla rampa non aggiungo altro questi signori che viaggiano a nostre spese e a nostre spese fanno i comodi loro, non se ne fregano più di dare il buon esempio, loro SONO IL CATTIVO E MISERABILE ESEMPIO DELLA NOSTRA SOCIETA' ORMAI IN PIENO DECADENTISMO. grazie per l'attenzione e ... (non si sa mai - sono un povero impiegato che non tollera più vessazioni di alcun genere) se possible non pubblicate il mio nominativo grazie.
Fonte:http://www.ilmattino.it/
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"Ruby? Soffriva di autismo". L'associazione Autismando: "Attenzione al danno informativo"
Dall'affermazione della psicologa nell'ambito del processo in corso a
Milano per Kharima el Marough il presidente Zampiceni prende spunto per
ribadire i luoghi comuni che circondano la malattia, le cui cause sono
complesse e tuttora poco chiare: "Per anni ci siamo sentiti dire:
Autismo? Ah, sì... come Rain Man"
ROMA - Nei giorni scorsi, a seguito dell'audizione nell'ambito del
processo in corso a Milano della psicologa che aveva effettuato dei
colloqui con Kharima el Marough, nota come "Ruby rubacuori", un lancio
dell'Ansa, ripreso anche da altri organi di stampa, titolava "Ruby,
psicologa: soffriva forma autismo". Il fatto è sottolineato e preso come
spunto da Paolo Zampiceni, presidente di Autismando,
associazione di genitori di bambini con autismo di Brescia e provincia,
che parla di "danno informativo" e scrive in una lettera aperta: "Non
so, e non sono interessato a conoscere quanto effettivamente riferito
dalla psicologa, ma vorrei richiamare l'attenzione sul danno informativo
che la diffusione di notizie con queste modalità possono provocare".
Zampiceni riporta i dati di una ricerca recente di Censis e Fondazione
Serono secondo cui "gli autismi (...) rappresentano la patologia
associata a disabilità della quale gli italiani dichiarano di essere
meno a conoscenza, evidenziando una carenza di informazione che appare
particolarmente grave" (...); "anche tra gli italiani che pensano di
sapere di cosa si tratti, quando si parla di autismo le conoscenze si
limitano nella maggior parte dei casi a informazioni superficiali e
luoghi comuni, che al minimo livello di approfondimento mostrano tutta
la loro fragilità".
Luoghi comuni che i familiari conoscono bene per doverli fronteggiare, "visto che per anni - continua Zampiceni - una delle affermazione più frequenti che ci capitava di sentire quando parlavamo dei nostri figli era "Autismo? ... Ah, sì... come Rain Man!". Da qui la volontà del presidente di Autismando di spiegare: "Forse è il caso di ricordare che l'autismo non è un meccanismo psicologico di difesa, non deriva da problematiche relazionali con i genitori nella prima infanzia (le "mamme-frigorifero" di alcuni anni fa) e, purtroppo, non è un disturbo transitorio. Oggi la medicina ci dice che l'autismo è una complessa condizione neurologica, la cui causa, verosimilmente su base genetica, non è ancora del tutto chiarita rispetto alla possibile azione di cofattori ambientali, virali, metabolici, ecc. L'autismo compare entro i primi tre anni di vita ed è caratterizzato da un diverso funzionamento della mente i cui aspetti più evidenti sono le difficoltà nelle relazioni sociali, nella comunicazione, l' attaccamento a abitudini e rituali rigidi, interessi limitati, spesso bizzarri. Pur accompagnandosi ad un aspetto fisico normale, l'autismo è una grave disabilità ma proprio l'apparente normalità dei nostri ragazzi favorisce la sottovalutazione del problema e la rappresentazione di una disabilità nascosta, invisibile. L'autismo, o, meglio, gli autismi - prosegue Zampiceni - vista l'eterogeneità delle manifestazioni, può modificarsi nel tempo, non sempre in meglio, e accompagna la persona per tutta la vita limitando, o impedendo in molti casi, la possibilità di una completa autonomia. Ad oggi non c'è una cura risolutiva anche se specifici interventi educativi, sulle autonomie, competenze sociali e comunicative possono contribuire a migliorare l'autonomia e la qualità della vita delle persone con autismo e delle loro famiglie". Evidenzia il presidente dell'associazione lombarda: "Purtroppo anche nel territorio bresciano, nonostante l'aumento dell'offerta di servizi che si è verificata negli ultimi anni, l'accesso a questi interventi non è facile e spesso fa i conti con lunghe liste d'attesa".
Insomma, "nulla a che vedere, citando il lancio Ansa, con lo "spostarsi in un mondo immaginario" (...), "fuggire dalla realtà come un meccanismo di difesa'', "una forma autistica legata ad alto stress e alla sofferenza'' ... eppure questi aspetti emergono con una certa frequenza fra i luoghi comuni sull'autismo, a volte anche da parte di figure professionali da cui ci si aspetterebbe una maggior attenzione". Quello dell'autismo è un mondo complesso e spesso difficile da spiegare anche da parte di chi, come gli stessi genitori, il problema lo vive ogni giorno. "E' un mondo fatto di un grande amore, speranze, gioie ma anche rabbia, impotenza e, spesso, senso di solitudine, di abbandono". Proprio pensando alle famiglie e ai ragazzi, per il presidente di Autismando è "importante evitare che notizie come quella da cui ho preso spunto contribuiscano a portare ulteriore confusione e ambiguità ... Perché non succeda che domani qualcuno ci dica "Autistico? ... Ah, sì ... come Ruby!".
fonte:http://www.superabile.it/
lunedì 26 novembre 2012
Inferno di fuoco in Germania: incendio in un laboratorio per disabili, quattordici morti
Ci
sarebbero almeno 14 morti e sette feriti nell'incendio di un
laboratorio all'interno di un istituto per disabili nella cittadina
tedesca di Titisee-Neustadt, nella Foresta Nera. Al momento
dell'incidente nella struttura erano presenti circa 120 persone. Ancora
non chiare le cause del rogo.
L'incendio sarebbe stato provocato da un'esplosione in un deposito, ma non è ancora chiaro se sul posto fossero stoccati materiali chimici. Nella fabbrica i pompieri hanno messo in salvo moltissime persone. Sul posto sono accorsi anche diversi elicotteri, per le operazioni di salvataggio. Nella fabbrica si lavora il legno e sono impiegate circa 120 persone, con diverse disabilità fisiche e psichiche.
L'incendio sarebbe stato provocato da un'esplosione in un deposito, ma non è ancora chiaro se sul posto fossero stoccati materiali chimici. Nella fabbrica i pompieri hanno messo in salvo moltissime persone. Sul posto sono accorsi anche diversi elicotteri, per le operazioni di salvataggio. Nella fabbrica si lavora il legno e sono impiegate circa 120 persone, con diverse disabilità fisiche e psichiche.
Disabili e crociere, servizi su misura
Il turismo crocieristico in ascesa non
dimentica i disabili. Ambienti progettati per trascorrere le vacanze a
bordo in piena libertà, senza barriere architettoniche, menu per non
vedenti in braille e assistenza non stop. Sono alcune delle facilities
adottate da Msc Crociere e messe a disposizione dei passeggeri con
disabilità. La progettazione delle navi segue le indicazioni del
Disabilities Act degli Stati Uniti d’America: tutte le aree pubbliche
come le cabine a bordo vengono private di barriere architettoniche
fornendo un comodo accesso anche alle persone con mobilità ridotta,
ricorda in una nota la compagnia. Il pavimento è lineare e uniforme
tranne qualche rarissima eccezione dove sono state installate delle
rampe. L’ampiezza delle varie porte e corridoi è stata appositamente
progettata in modo che le sedie a rotelle possano passarvi.
BRAILLE -
Grazie alla collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e degli
Ipovedenti Onlus da quest'anno i non vedenti dispongono di menu scritti
in Braille nei ristoranti della flotta, servizio che si affianca a
pannelli e avvisi in ascensori, spazi pubblici, corridoi e cabine e ad
altri sistemi di comunicazione come LIS, LIS tattile, Malossi. E ancora
sistemi di amplificazione ad induzione magnetica per sordociechi con
residuo uditivo e isola informatica con postazione computer, barre
braille e sistemi ingrandenti per persone con residuo visivo.
La maggior parte delle navi della flotta
poi, su richiesta, mette a disposizione un kit per non udenti con
dispositivi di supporto che avvisano gli ospiti con luci e vibrazioni
quando suona la sveglia, il campanello o il telefono e, naturalmente,
anche se dovesse esserci la necessità di abbandonare la nave. Inoltre,
nei teatri e nelle sale sono disponibili amplificatori wireless, il
Digital Theatre System e pannelli di induzione magnetica presso
receptions, punti informazioni e uffici escursioni a bordo.
CABINE ATTREZZATE - All’interno
delle cabine gli interruttori delle luci, gli appendiabiti, i comandi
dell’aria condizionata e i lettori delle key cards per l’accesso sono
stati posizionati accanto ad ogni letto e ad una altezza ridotta in modo
da consentirne l’utilizzo agevole da parte dei passeggeri sulla sedia a
rotelle, mentre l’accesso al balcone è agevolato da una rampa. I bagni
sono stati dotati di una particolare seduta ribaltabile a 45 cm di
altezza- Anche i water sono stati installati ad una altezza ridotta. In
alcuni bagni il lavello è dotato di uno spazio che consente di
accostarsi agevolmente con la sedia a rotelle.
VACANZA SU MISURA -
Durante la prenotazione della crociera, il passeggero disabile ha la
possibilità di informare la Compagnia sulle sue necessità. Una
commissione medico-operativa interna all’azienda esamina ogni singola
richiesta, confrontandola con le caratteristiche della nave e
dell’itinerario scelto dal cliente. Msc Crociere informa l'equipaggio
della nave e l’ospite, una volta a bordo, viene supportato da un team
dedicato, come accade ad esempio durante le normali esercitazioni per le
emergenze.
PRENOTAZIONI FACILITATE -
A disposizione di tutti i passeggeri disabili ci sono molte altre
facilities, come ad esempio servizi di assistenza all’imbarco ed allo
sbarco, check-in e check-outprioritari, kit per non udenti e
segnaletiche Braille, sedie a rotelle e vari sostegni, oltre ad altri
sistemi per rendere più fruibile l’intrattenimento.
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domenica 25 novembre 2012
Scappiamo al primo schiaffo
Noi siano Antonella, soffocata a 21 anni da un “fidanzato geloso”. Siamo il corpo martoriato di Fabiola, a cui il marito ha scaricato addosso tutti i proiettili di una pistola. Siamo Rosetta, strangolata dal marito che l’aveva abituata alla paura delle botte e alla fine l’ha ammazzata. Siamo Enzina, mamma disabile uccisa a pugni da suo marito che si è giustificato così: “Ero ubriaco”. Siamo Leda, morta in ospedale dopo mesi agonia perché il suo compagno le aveva dato fuoco. Siamo Rosanna e la sua bambina, che un giorno ha telefonato al 118: “Papà ha ucciso la mamma e si è suicidato”. Siamo Antonia, assassinata per strada dall’ex compagno con una stilettata al cuore. “Mi ha picchiato ancora”, le sue ultime parole. Siamo Kaur, uccisa dal marito e gettata nel fiume: aspettava un bimbo e “vestiva troppo all’occidentale”. Siamo Vincenzina,
accoltellata dal marito davanti al figlio adolescente perché non lo
“lasciava parlare durante una discussione” . Noi siamo morte in 120,
dall’inizio del 2012 in Italia con la sinistra cadenza di una ogni due
giorni. Siamo state uccise “dai nostri cari”: il termine “femminicidio” è
un neologismo orribile e necessario. L’Italia è all’80° posto (in una
graduatoria di 135 paesi) nel Gender Gap 2012
del World Economic Forum, un’analisi quantitativa della situazione
relativa di maschi e femmine, attraverso 14 indicatori in quattro aree:
economia e lavoro; istruzione; politica; salute e aspettativa di vita.
Eppure le situazioni di violenza sono molto simili in altri Paesi.
Non
solo: secondo Telefono rosa che ha elaborato i dati delle violenze
denunciate, il fenomeno non si può affatto relegare a situazioni di
disagio sociale, perché riguarda donne di ogni condizione.
Il 60% delle vittime ha tra i 35 ed i 54 anni, l’85% delle violenze si
consuma nell’ambito di relazioni sentimentali (con un aumento di 3 punti
rispetto 2011); il 72% denuncia forme di violenza psicologica, il 44%
violenza fisica. Nell’82% dei casi la violenza è continua: il 15% delle
intervistate svela di subire violenza da almeno vent’anni, il 15% da
almeno dieci. Com’è possibile che gli abusi diventino un’abitudine per
dieci o vent’anni? Ogni caso è a sé, eppure un tratto comune ci deve
essere. Il ricatto economico, il soffocamento della dignità, la perdita
di fiducia e della dignità di sé. La convinzione di riuscire a cambiare
un compagno brutale: ma è un’illusione vana, pericolosissima. Dopo il
primo occhio nero si può solo scappare, non c’è nulla da comprendere.Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Per onorare le vittime possiamo ricordare i loro nomi e le loro storie dolorose. Sapere che l’assassinio è la punta di un iceberg. Ricordare che siamo, potenzialmente, tutte vittime: non importa quante lauree, quanti soldi, quale famiglia alle spalle. Soprattutto possiamo insegnare ai nostri figli il rispetto. E alle nostre figlie che nessun amore cambia un uomo violento, ma l’amore per noi stesse ci salva la vita.
fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it/
La donna con i piedi al contrario
Wang Fang, cinese, residente a Chongquing city, ha la particolarità di avere i piedi al contrario. È diventata famosa dopo aver rifiutato la proposta di essere classificata come disabile,
e quindi ha rifiutato una pensione di invalidità. Questa 27enne che
purtroppo soffre sin dalla nascita di una malformazione ai piedi. Sin da
piccole ha vissuto con i piedi orientati al contrario, ma ha iniziato
subito a convivere con questa particolarità e a sopportare le
conseguenze, ma si muove normalmente come tutti noi.
Un giorno, una giornalista le chiese il motivo della scelta di rifiutare la classificazione come disabile e Wang rispose: ”Posso
correre più velocemente di molti dei miei amici e ho un normale impiego
come cameriera presso un ristorante. L’unica differenza è che devo
indossare le scarpe al contrario”.
Se una madre porta il figlio disabile da una prostituta
ROMA – Sesso e disabilità. La storia di una madre che porta il
figlio, disabile, in una casa per appuntamenti. Una storia raccontata
nel blog Invisibili di Simone Fanti, che lui stesso ha trovato sul web.
Una madre, single, porta il figlio, disabile da una prostituta: “Anche
se c’è un danno cerebrale, i nostri figli crescono e gli ormoni quelli
sono”. Fanti riprende il commento di Queen Ann ad un suo post. Anche lei
ha un figlio disabile e sa cosa vuol dire conciliare nella sua vita
tutti gli aspetti, siano essi affettivi o sessuali.
Queen Ann racconta la storia della sua amica, sorpresa da un blitz delle forze dell’ordine in un bordello. Lei era lì ad aspettare che il figlio finisse, con la sua “ragazza fissa”, sempre la stessa che lo accoglieva. Imbarazzo. Non per la madre o per le prostitute, che vedono il sesso nella sua normalità. Imbarazzo tra gli agenti, che hanno identificato anche madre e figlio alla centrale. Imbarazzo del magistrato, che impreparato a quella situazione non sapeva cosa fare.
Il colloqui riportato da Queen Ann tra magistrato e madre è
“surreale”: Magistrato: “Dove è suo marito?”. Madre: “Io non ho marito,
mi ha lasciato, pochi disabili hanno il padre”. Magistrato: “Ma lei non
ha un fratello o un amico per queste cose?”. Madre: “No sono figlia
unica e questa faccenda non si delega agli amici”.
Queen Ann spiega: “I danni cerebrali a volte provocano modifiche fisiche significative (bava alla bocca, incapacità di camminare) ma la voglia di affetto, di un abbraccio, di un rapporto c’è sempre. Però nessuno dei normali si sofferma su questo problema: per tutti il disabile è un “infelice” (come si diceva una volta) e non un essere umano con i suoi sentimenti e i suoi bisogni – e continua -. Ho l’impressione, poi, che molta gente non si renda conto che i nostri figli debbano farsi la barba come tutti e dobbiamo fargliela noi e così per tante altre cose”.
“La mia amica ha trovato un’altra “casa”, il figlio sembra contento della “nuova ragazza”, non ha avuto conseguenze, l’ex marito non ha saputo niente e il 14 febbraio ha ricevuto un mazzetto di roselline – conclude Queen Ann -. Forse c’è qualcosa pure per lei da parte di qualcuno di quella sera. Perché spesso quello che si nega ad un disabile si nega anche alla madre”.
fonte:http://www.blitzquotidiano.it/
Queen Ann racconta la storia della sua amica, sorpresa da un blitz delle forze dell’ordine in un bordello. Lei era lì ad aspettare che il figlio finisse, con la sua “ragazza fissa”, sempre la stessa che lo accoglieva. Imbarazzo. Non per la madre o per le prostitute, che vedono il sesso nella sua normalità. Imbarazzo tra gli agenti, che hanno identificato anche madre e figlio alla centrale. Imbarazzo del magistrato, che impreparato a quella situazione non sapeva cosa fare.
Queen Ann spiega: “I danni cerebrali a volte provocano modifiche fisiche significative (bava alla bocca, incapacità di camminare) ma la voglia di affetto, di un abbraccio, di un rapporto c’è sempre. Però nessuno dei normali si sofferma su questo problema: per tutti il disabile è un “infelice” (come si diceva una volta) e non un essere umano con i suoi sentimenti e i suoi bisogni – e continua -. Ho l’impressione, poi, che molta gente non si renda conto che i nostri figli debbano farsi la barba come tutti e dobbiamo fargliela noi e così per tante altre cose”.
“La mia amica ha trovato un’altra “casa”, il figlio sembra contento della “nuova ragazza”, non ha avuto conseguenze, l’ex marito non ha saputo niente e il 14 febbraio ha ricevuto un mazzetto di roselline – conclude Queen Ann -. Forse c’è qualcosa pure per lei da parte di qualcuno di quella sera. Perché spesso quello che si nega ad un disabile si nega anche alla madre”.
fonte:http://www.blitzquotidiano.it/
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Crisi e conti in rosso, i frati licenziano 13 operatori del Villaggio Sant'Antonio
PADOVA - La crisi si abbatte anche sui frati del villaggio Sant'Antonio di Noventa Padovana,
che accoglie disabili e giovani con gravi problemi familiari: tredici
dipendenti della struttura dal 31 dicembre prossimo verranno lasciati a
casa. È esclusa l’ipotesi della cassa integrazione. La notizia era
nell'aria: il direttore della struttura, frate Giancarlo Capitanio,
non vuole rilasciare dichiarazioni, ma lo scorso 9 novembre ha scritto e
firmato una lettera che è stata recapitata a sindacati, alla Provincia e
alla Direzione territoriale del lavoro.
Le parole del religioso non lasciano dubbi: il dirigente comunica l'intenzione di procedere a ridurre il personale. «Dobbiamo licenziare tredici dipendenti, strutturalmente in esubero rispetto alle attuali esigenze produttive ed organizzative». Anche tra gli operatori del centro nessuno vuole commentare: «È una voce che trapela, ma nessuno di noi ha ricevuto ancora qualcosa di scritto, ci appelliamo all'onestà intellettuale del nostro direttore».
Nella sua nota inoltrata il responsabile del villaggio Sant'Antonio ha anche illustrato i motivi di questa dolorosa scelta. «Le perdite d'esercizio maturate nell'ultimo quinquennio ammontano a un milione e 552mila euro e i crediti residui verso i clienti ed in particolare verso l'amministrazione pubblica, si assesta sul milione e 300mila euro, con evidenti e conseguenti gravi ripercussioni».
Tra i motivi degli imminenti licenziamenti, frate Capitanio paventa anche altre responsabilità e non risparmia una frecciata all'azienda Ulss 16 di Padova: «La parziale modifica del sistema di accoglienza presso le strutture diurne e residenziali del territorio ha comportato una rilevante ridefinizione dell'offerta dei servizi per i soggetti con disabilità perchè gli utenti delle strutture residenziali dal 1. gennaio 2013 non frequenteranno più i centri diurni». Da quanto si apprende l'esiguo o il mancato inserimento di "utenti" da parte degli enti pubblici, comporta un'eccedenza di organico. Il messaggio trasmesso da Capitanio è chiaro e lascia ben poche speranze ai lavoratori: «A questo punto la riduzione del personale è inevitabile».
Quali sono le figure professionali a rischio licenziamento per San Silvestro? Un coordinatore di centro diurno per disabili, un educatore professionale, 6 operatori socio-sanitari, un capo cuoco, un cuoco, un addetto alle pulizie, un manutentore della struttura e un impiegato amministrativo.
L’organico, attualmente, è di 70 lavoratori. Nel 2008 l’ente aveva chiuso una comunità educativa per minori licenziando e mettendo in mobilità 5 dipendenti; nel 2010 altri due lavoratori erano stati licenziati, due erano stati riqualificati professionalmente e un altro era stato posto in modibilitrà. Quest’anno, infine, per far fronte ad una eccendenza di organico, l’ente ha fatto ricorso alla cassa integrazione in deroga dal 3 luglio per un totale di 19 settimane: intervento che ha coinvolto 24 dipendenti per un totale di 580 ore di sospensione lavorativa.
fonte: http://www.ilgazzettino.it/
Le parole del religioso non lasciano dubbi: il dirigente comunica l'intenzione di procedere a ridurre il personale. «Dobbiamo licenziare tredici dipendenti, strutturalmente in esubero rispetto alle attuali esigenze produttive ed organizzative». Anche tra gli operatori del centro nessuno vuole commentare: «È una voce che trapela, ma nessuno di noi ha ricevuto ancora qualcosa di scritto, ci appelliamo all'onestà intellettuale del nostro direttore».
Nella sua nota inoltrata il responsabile del villaggio Sant'Antonio ha anche illustrato i motivi di questa dolorosa scelta. «Le perdite d'esercizio maturate nell'ultimo quinquennio ammontano a un milione e 552mila euro e i crediti residui verso i clienti ed in particolare verso l'amministrazione pubblica, si assesta sul milione e 300mila euro, con evidenti e conseguenti gravi ripercussioni».
Tra i motivi degli imminenti licenziamenti, frate Capitanio paventa anche altre responsabilità e non risparmia una frecciata all'azienda Ulss 16 di Padova: «La parziale modifica del sistema di accoglienza presso le strutture diurne e residenziali del territorio ha comportato una rilevante ridefinizione dell'offerta dei servizi per i soggetti con disabilità perchè gli utenti delle strutture residenziali dal 1. gennaio 2013 non frequenteranno più i centri diurni». Da quanto si apprende l'esiguo o il mancato inserimento di "utenti" da parte degli enti pubblici, comporta un'eccedenza di organico. Il messaggio trasmesso da Capitanio è chiaro e lascia ben poche speranze ai lavoratori: «A questo punto la riduzione del personale è inevitabile».
Quali sono le figure professionali a rischio licenziamento per San Silvestro? Un coordinatore di centro diurno per disabili, un educatore professionale, 6 operatori socio-sanitari, un capo cuoco, un cuoco, un addetto alle pulizie, un manutentore della struttura e un impiegato amministrativo.
L’organico, attualmente, è di 70 lavoratori. Nel 2008 l’ente aveva chiuso una comunità educativa per minori licenziando e mettendo in mobilità 5 dipendenti; nel 2010 altri due lavoratori erano stati licenziati, due erano stati riqualificati professionalmente e un altro era stato posto in modibilitrà. Quest’anno, infine, per far fronte ad una eccendenza di organico, l’ente ha fatto ricorso alla cassa integrazione in deroga dal 3 luglio per un totale di 19 settimane: intervento che ha coinvolto 24 dipendenti per un totale di 580 ore di sospensione lavorativa.
fonte: http://www.ilgazzettino.it/
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