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Ilaria

mercoledì 31 ottobre 2012

Il «condominio orizzontale», case popolari a prova di carrozzina


Il «condominio partecipato» di via Bovi Campeggi a BolognaBOLOGNA - Carlo, 51 anni, web designer, ci vive dal 2009. E ultimamente anche la sua compagna abita con lui. «Ho sempre vissuto da solo perché, lavorando, mi sono sempre potuto permettere di pagare un affitto – dice –. Trovo che l’indipendenza sia una cosa normale. Infatti, subito dopo la maturità, ho lasciato i miei genitori per trasferirmi da Sassuolo a Bologna. Ma da quando sono in questo condominio ‘adattato’ la mia vita è radicalmente cambiata: apro e chiudo la porta con il telecomando e posso uscire di casa senza l’aiuto di nessuno. Dove abitavo prima, invece, l’ascensore era troppo piccolo per la carrozzina e dovevo sempre farmi venire a prendere da qualche amico».
CarloAUTONOMIA - Salvina invece ha 57 anni, vive con la pensione d’invalidità, e dopo 12 anni di permanenza in una struttura protetta per disabili ha voluto riottenere la sua autonomia. «Non mi trovavo più bene in quella condizione – racconta –. Ora è tutta un’altra musica: non ho orari né regole; la mattina resto a letto fino a tardi e non vado mai a dormire prima di mezzanotte». Con lei abitano il cane Chiffy e la badante straniera con la figlia di 9 mesi. «Sanaa e la sua piccola sono come una famiglia per me: l’anno scorso mi hanno portata in Marocco a conoscere i loro parenti e quest’estate faranno lo stesso». Poi c’è Luciano, 59 anni, separato, quello che organizza le grigliate. Ha perfino comprato il barbecue. La sua è una storia un po’ diversa perché ha una disabilità acquisita e non congenita. «Prima dell’ictus avevo un’attività autonoma e una casa. Dopo mi sono ritrovato con una semi paresi e non più in grado né di lavorare né di pagare l’affitto. Ora vivo qui e ho una borsa lavoro all’ospedale Bellaria: la mia seconda vita, quella da persona disabile, mi ha fatto scoprire un mondo nuovo e una serenità che non avevo mai provato», commenta.
SalvinaALLOGGI ERP - Storie di ordinaria quotidianità nel «condominio partecipato» - si chiama così - di via Bovi Campeggi a Bologna. Una palazzina su due piani completamente accessibile dentro e fuori, compresi il giardino e il parcheggio, fatta di otto piccoli appartamenti automatizzati (di cui due monolocali) di proprietà del Comune e abitati da altrettanti inquilini disabili. La particolarità dell’edificio, infatti, è proprio quella di essere una casa popolare a cui si accede in base ai criteri di edilizia residenziale pubblica ma su segnalazione dei servizi sociali dell’Asl. Al piano terra ci sono gli alloggi, mentre il primo piano è destinato alla casa del portiere, Salvatore, ipovedente, un ex «scugnizzo» che ha dovuto prendere la licenza media e imparare a usare il pc per poter ricoprire quel ruolo. Un bel risultato, considerando che nel 2000 «abitavo a Napoli ed ero disoccupato. Qui ho trovato una borsa lavoro e un alloggio pubblico dove vivo con la mia compagna», dice. Completano l’edificio uno sportello di consulenza psicologica e un mini-appartamento per operatori socio sanitari dell’Ausl di Bologna; nessuno di questi due locali, però, è al servizio dei condomini (gli altri sono Ina e sua figlia autistica, Davide, Vaclav, Patrizia e Friday).
LucianoINDIPENDENZA - «Questo progetto, attivo dal 2008, si inserisce in quella logica di modelli abitativi volti a valorizzare l'autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità motoria ed eventualmente di un loro familiare – spiega Maria Cristina Cocchi, direttore dell’area socio sanitaria del distretto dell’Ausl di Bologna –, pur nell’idea di un contesto semi-protetto determinato dalla presenza di un portiere reperibile anche di notte e di un educatore» che però funge da amministratore condominiale e da tuttofare. Insieme al Comune di Bologna, all’Acer (Azienda casa Emilia Romagna) e all’Azienda sanitaria locale, l’altro partner del «condomino partecipato» di via Bovi Campeggi è l’Aias (Associazione italiana assistenza spastici). E se l’ultimo arrivato, grazie a una donazione fatta da privati, è un sistema di sorveglianza con telecamere a circuito chiuso per osservare l’esterno della palazzina, gli appartamenti sono sempre stati privi di barriere architettoniche e dotati di comandi automatici per il controllo degli impianti e degli infissi.
DOMOTICA – Ma l’accessibilità e l’automazione della casa, almeno all’inizio, non hanno mai soddisfatto completamente Carlo. «Gli appartamenti sono stati costruiti in maniera standard e senza l’approccio di un’edilizia partecipata. Io, ad esempio, ho dovuto adattare il bagno alle mie particolari esigenze. Inoltre, al giorno d’oggi, la domotica e le nuove tecnologie al servizio della disabilità hanno fatto enormi salti in avanti: esistono sistemi a riconoscimento vocale, gli alloggi si controllano dal pc o attraverso l’i-Phone. Sarebbe bello che anche questo condominio stesse al passo con i tempi».

fonte:http://www.corriere.it/

Le app che regalano una vita normale

Le applicazioni di smartphone e tablet al servizio dei disabili E c'è chi ha fatto il tedoforo a Londra con cane guida e iPhone.

Per amore, solo per amore: così sono state concepite app come ioParlo, Proloquo2Go, Audiolabels e mille altre. Servono per aiutare chi ha difficoltà a comunicare, vedere, udire o apprendere usando smartphone e tablet. Nelle note di Vocal Slides si legge ad esempio: «È un’applicazione nata dall’idea di un genitore il cui figlio soffre di autismo. Questa applicazione non cura l’autismo, ma ha il preciso scopo di creare tra padre e figlio del gioco sufficiente ad invogliare il figlio a comunicare».-

L’app (per Android) è semplice da usare: basta toccare le immagini e il telefonino riproduce un suono o una parola associati in precedenza. Così chi ha difficoltà a esprimersi verbalmente può finalmente parlare.

Una voce nuova Soffrono di autismo tra le 5 e le 50 persone su diecimila; molto più rara è la Sindrome di Cornelia de Lange, stimata in un caso ogni 10-20 mila nati (circa 50 nuovi nati l’anno in Italia). I pazienti, oltre a una serie di malformazioni fisiche, hanno spesso gravi difficoltà di apprendimento e comunicazione. Come Lorenzo, da poco maggiorenne, che non parla affatto, ma lo scorso anno ha superato l’esame di terza media presentando una tesina al computer. E se ha qualcosa da dire usa un iPad, dove ha circa 200 parole per tutte le occasioni. Anche per la gioia: «Per la cena con i suoi compagni della squadra di basket gli abbiamo inserito il simbolo dell’urlo che fanno prima della partita, e durante la serata lo ha usato più volte, era molto contento», racconta la madre Simona, che con il marito ha fondato l’Associazione Cornelia De Lange. Insieme hanno partecipato alla fase di sperimentazione di TTalk_Aac, un’app appena uscita sullo Store Apple.

Il funzionamento, basato sulla Comunicazione Aumentativa e Alternativa, è simile a Vocal Slides, ma qui ai simboli si può associare qualsiasi voce: Lorenzo ha scelto quella del padre. «Apparecchi con caratteristiche analoghe esistono da tempo, ma sono ingombranti e pesanti, hanno batterie che durano poco e costano parecchio», spiega Simona. Così quelli che per molti sono gadget di lusso per altri possono diventare ausili utilissimi e perfino economici per superare una disabilità.

Ritrovare la vista Qualche mese fa, Stevie Wonder interruppe un concerto per tributare un omaggio a Steve Jobs, ormai prossimo alla fine: «La sua azienda è stata la prima a realizzare una tecnologia accessibile a tutti senza dire: “Questo è per i ciechi, questo è per i sordi”. È nella struttura stessa degli apparecchi, ci sono settaggi che ti permettono di usare queste funzioni o no». Il musicista americano, non vedente dalla nascita, si riferiva alla funzione VoiceOver, in cui una voce legge tutto quello che appare sul display, descrivendo scritte sui pulsanti, testi, link, o alla possibilità di impostare allarmi visivi anziché sonori per i deboli di udito. Windows e Android offrono soluzioni simili, anche se non altrettanto semplici da configurare e usare. La vera svolta arriverà quando sarà possibile fare a meno di tastiera e mouse: già oggi smartphone come il Samsung Galaxy SIII sono controllabili interamente con la voce, tuttavia la precisione e l’integrazione del sistema non sono ancora perfette. Siri, l’assistente vocale di Apple, sarà disponibile in italiano entro l’anno per iPhone e iPad, mentre la nuova versione di Os x (attesa entro una decina di giorni) consentirà di dettare mail e testi direttamente al Mac, senza software aggiuntivi.

Poi esistono le app come Colorid, che descrive i colori per i daltonici, o DigitEyes con cui creare etichette personalizzate da applicare sugli oggetti: l’iPhone le riconosce e le legge ad alta voce. Ci sono migliaia di audiolibri in tutte le lingue, e per chi vede bene ma ha problemi di mobilità, MagicReader consente di sfogliare le pagine degli ebook solo voltando la testa.

In movimento Se in casa è possibile adottare diverse strategie per cercare di far fronte a una disabilità, fuori la sfida è più difficile. Anche qui, però, le app possono aiutare: per Android c’è OnTheBus, che informa sui mezzi di trasporto con accesso per disabili in diverse città del mondo, tra cui Roma. SvegliaTreno avvisa quando si è in arrivo alla stazione giusta, MyDisabledGo London è una guida alla capitale inglese pensata per chi si muove in carrozzella. Interessante anche AudioLabels, per leggere i codici a barre o Qr: ottima al supermercato per capire cosa si sta comprando e quanto costa, specie insieme a MoneyReader, che riconosce le banconote (in diverse valute) e legge ad alta voce il loro valore. Tutte per iPhone: se l’iPad vince in casa o a scuola perché lo schermo grande lo rende più semplice da usare, in movimento serve un apparecchio che possa stare in tasca. Anche in quella dei calzoncini di Simon Wheatcroft, maratoneta inglese che qualche giorno fa ha portato per un breve tratto la fiaccola dei Giochi nella sua corsa verso Londra. È cieco, si allena con un iPhone e un cane guida: le sue Olimpiadi le ha già vinte, con l’amore e con la passione.

Fonte: La Stampa

Servono volontari dai dai dai !!!

Da ormai 5 anni faccio volontariato con l'associazione di Nuoto per Portatori di Handicap( A.N.P.Ha. O.N.L.U.S.). Essa e' formata da operatori volontari, genitori epersone con disabilità, ed "offre un servizio di attività idromotoria, socializzante, ricreativa, ludica, e di insegnamento e pratica del nuoto, a sostegno di programmi riabilitativi per soggetti disabili. Il servizio, che viene svolto a Padova e provincia, si articola in due ore di attività settimanali."
Per diventare volontario/a non servono particolari qualifiche, basta saper nuotare ed essere maggiorenni. L'attività si svolge in alcune piscine di Padova e provincia, che sono le seguenti:

Piscina PADOVANUOTO (Via Decorati Valor Civile 2, Padova)
mercoledì:
19.15 - 20.00
sabato:
15.30 - 16.15

Piscina PLEBISCITO 2001 (Via G. Geremia 2/2, Padova)
mercoledì:
19.05 - 19.50
sabato:
15.00 - 16.00

Piscina COMUNALE di Abano Terme (Via Vittorino da Feltre 1, Abano Terme - PD)
mercoledì:
19.30 - 20.15
sabato:
15.00 - 15.45

Piscina COMUNALE di Vigonza (Via Paolo VI 18, Vigonza - PD)
sabato:
15.00 - 16.00

Piscina IL GABBIANO (via Olmo 12, Campodarsego - PD)

 mercoledì:18.15 - 19.00    
 sabato:
14.25 - 15.10   


Nello specifico io faccio volontariato  in piscina ad Abano. Non è obbligatorio aderire ad entrambi i turni(mercoledì e sabato), ma anche solo un'oretta è preziosissima. Perchè dico questo? Per tanti motivi, ma soprattutto per il fatto che c'è una lista di attesa per gli utenti che vorrebbero fare l'attività. Questa lista è molto lunga, e per fare entrare nuovi utenti ci vuole parecchio tempo. Più vi sono volontari, maggiore è la possibilità che nuove persone con disabilità possano entrarvi. Sembrerà banale o scotato, però l'acqua ha davvero un enorme potere. Badate bene non si tratta di venire a lavorare o chissà che, anzi, ci si diverte sempre moltissimo, è un'esperienza nuova e diversa, di valore e di svago per tutti.Abbiamo bisogno di gente!!!!!

Per aderire come volontari o per aderire ai corsi, basta contattare i seguenti recapiti:

Sede
Via Madonna del Rosario, 148
35129 PADOVA
telefono e fax: 049 8719999


Email
anpha@anpha.it

che trovate anche nel sito dell'Associazione:
http://www.anpha.it/

Su su vi aspettiamo !!!!

Lo scafandro e la farfalla

Qualche giorno fa ho visto per la prima volta questo fantastico film. Una  storia vera, nella sua crudeltà, toccante, pungente, commovente. Leggete assolutamente il libro e guardate il film, che è stato premiato per la regia, e capirete il perchè ;)





Hockey in carrozzina elettrica, viaggio nello sport dove la forza (fisica) non conta

Anche persone con disabilità prive di mobilità e di forza residua, impossibilitati a muoversi, possono praticare questo sport, anche ad alti livelli: è sufficiente riuscire a manipolare il joystick della carrozzina elettrica, e c'è chi lo fa anche con la bocca. Nelle parole del presidente della federazione, Antonio Spinelli, una guida per conoscere meglio questo sport
ROMA - Di solito la parola "sport" si collega al concetto di "prestanza fisica" e anche nel mondo della disabilità la maggior parte delle volte lo sport conta sulla prestanza fisica residua. Proprio in questo senso l'hockey in carrozzina elettrica ha delle caratteristiche uniche: nel panorama degli sport agonistici di squadra praticati da persone con disabilità motoria, infatti, ha la qualità di coinvolgere anche, o meglio soprattutto, persone prive di mobilità e forza residua. Cosa conti davvero, nell'hockey, se la forza muscolare non è determinante, ce lo facciamo spiegare da Antonio Spinelli, presidente della Fiwh (Federazione Italiana Wheelchair Hockey): "Contano la tattica, la concentrazione e la prontezza, cioè la velocità con cui il cervello dell'atleta decide dove posizionare e come muovere la carrozzina, dove indirizzarla, se bloccarla, girarla, lasciarla sfrecciare fino a 15km/m. La carrozzina elettrica è il prolungamento del suo corpo, attraverso di essa entra in azione".
Come colpisce la palla chi non si può muovere?
Chi ha forza residua nelle braccia si posiziona in attacco e utilizza la mazza, come nell'hockey normale. Chi non è in grado di maneggiarla si ricava il ruolo di difensore o portiere. Alla base della sua carrozzina, sotto i piedi, viene posizionato lo stick, un piccolo strumento di plastica dura, statico, che attraverso il movimento della carrozzina permette di intercettare la palla, bloccarla o rilanciarla. Le squadre si equilibrano tra loro perché devono avere tutte lo stesso livello complessivo di forza, quindi in ogni squadra c'è posto per gli stickers.
Gioca davvero anche chi non può muoversi?
Certo. Basta riuscire a manipolare il joystick della carrozzina elettrica. Ho visto atleti che riescono a farlo perfino con la bocca, tramite una specie di cannuccia. Così persone con patologie muscolari gravi che immaginavano per sé una vita statica, si trovano coinvolti in un gioco dinamico, veloce, che richiede concentrazione, che alza l'adrenalina, che conta sullo spirito di squadra.
A proposito di squadra, l'esperienza della condivisione con i compagni è altrettanto importante dell'esperienza di gioco, soprattutto per chi magari non ha avuto modo altrimenti di sviluppare una vita sociale appagante.
Direi che nella vita personale di molti atleti questo secondo aspetto addirittura prevale sul primo. Stringere amicizie, trovarsi per mangiare la pizza, viaggiare per le trasferte della squadra, sono tutti momenti preziosi, che hanno cambiato la vita a molti di essi. Nascono amicizie, c'è chi si trova il fidanzato... e poi ne beneficia anche la prestazione in campo, perché l'affiatamento di squadra è uno degli elementi fondamentali per ottenere la vittoria.
La Fiwh è il riferimento italiano ufficiale per questa pratica sportiva?
Esatto, lo è dal 2003, ma lo sport è arrivato in Italia qualche tempo prima, all'inizio degli anni Novanta, portato da alcuni soci della Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) perché per i distrofici è uno degli unici sport possibili. E in effetti molti dei nostri atleti hanno patologie neuromuscolari. Oggi coordiniamo due gironi, l'A1 e l'A2 e i numeri sono in costante crescita.
Di che cifre stiamo parlando?
"Una trentina di squadre, a cui si devono aggiungere quelle che si stanno allenando per venire selezionate. Quest'anno i soci iscritti sono più di 500 e gli atleti più di 300. Il nostro scopo è farci conoscere sempre di più in modo che sempre più ragazzi con disabilità possano cimentarsi nella nostra disciplina".
Cosa deve fare chi è interessato a fare una prova?
Il consiglio è quello di entrare nel nostro sito Fiwh.org e contattarci (i recapiti sono in basso a destra nella homepage). Basta che ci dica in che parte d'Italia si trova e gli segnaliamo la squadra a lui/lei più vicina.
Lei? Giocano anche donne?
Certo, le squadre sono miste sia per il genere sessuale che per l'età. Ci sono minorenni fino ad atleti ben oltre i trenta...
E ci sono squadre in tutta Italia?
Non in ogni città. Per ora la più alta concentrazione rimane al nord, ma abbiamo anche Puglia, Sicilia e buona parte del centro Italia. Quando incontriamo persone che desiderano giocare e non hanno una squadra abbastanza vicina a casa, suggeriamo loro di formare un gruppo e iniziare una nuova squadra. Possiamo mettere in relazione persone con lo stesso desiderio e affiancarli nell'organizzazione logistica. Il nostro obiettivo è diffonderci nel modo più capillare possibile.
Le squadre a che competizioni partecipano?
C'è il Campionato Nazionale, ma ci sono anche la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana, quest'ultima disputata tra i vincitori delle prime due gare. Inoltre abbiamo la nazionale che partecipa ai confronti europei e mondiali. Come Federazione,abbiamo già ospitato in Italia le finali del Campionato Europeo nel 2005 a Roma e quelle del Campionato Mondiale nel 2010 a Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine.

fonte:http://www.superabile.it/

Per le persone disabili la Ville diventa Lumière


Per i disabili la Ville diventa LumièreDisponibile a Parigi la prima guida dedicata interamente ai disabili. In versione digitale, cartacea e naturalmente audio per non vedenti. La Ville Lumière vuole così offrire ai diversamente abili le risposte adatte ai loro bisogni, in tutti gli ambiti della loro quotidianità: dai trasporti al tempo libero, fino all’accesso al mercato del lavoro. Un vero e proprio vademecum, utile, ma che riserva non poche sorprese. A partire dal fatto che a tutti coloro che hanno problemi di mobilità sconsiglia vivamente di muoversi in metro. Visto che, con le sue interminabili scalinate, considerate patrimonio storico, continua ad essere quasi completamente inaccessibile.

fonte:http://www.west-info.eu/it/

Diversamente thriller

Intervista a Sergio Rilletti, curatore della raccolta "Capacità nascoste", la prima antologia di racconti noir che hanno per protagonisti persone con disabilità.
Un libro che vi lascerà (letteralmente) col fiato sospeso. Venticinque racconti "diversamente thriller" scritti da altrettanti autori che si sono cimentati in un'ardua sfida: tessere storie ad alto tasso adrenalinico in cui il protagonista è un uomo (o una donna) con disabilità. Personaggi "diversamente abili" che, nonostante il loro handicap riescono ad affrontare e risolvere situazioni di grave pericolo. Grazie alle loro capacità e a un pizzico di astuzia.
“Capacità nascoste. La prima antologia diversamente thriller" (No replay) raccoglie spunti e linee narrative differenti: dallo spionistico al bellico, al racconto storico ambientato durante gli anni della Seconda guerra mondiale, nel campo di sterminio di Auschwitz. "Gli autori non hanno avuto paura ad affrontare temi spinosi come l'Olocausto, la follia, il sesso o l'Alzheimer", commenta Sergio Rilletti curatore dell'antologia assieme a Elio Marracci e autore del racconto "Snuff movie - Inconsapevole gioco di morte".
Storie avvincenti, in cui il protagonista parte da una situazione di svantaggio ma riesce sempre a ribaltare la situazione e uscirne vincitore. Racconti crudi, crudeli persino, come "l'annusatore" cieco che finisce nelle mani di una spietata banda di trafficanti d'organi. Ma dove non c'è spazio per la banalità né per il pietismo.
Come avviene per Mister Noir, il primo eroe disabile della letteratura italiana, creato dalla penna di Sergio Rilletti. "In questo racconto Mister Noir dovrà compiere mirabolanti evoluzioni fisiche per riuscire a scappare dalla casa dove è stato rinchiuso da un gruppo di persone che lo vogliono ammazzare", anticipa Rilletti.
Qual è il "filo rosso" che lega i racconti dell'antologia?
Senza dubbio la caparbietà. La caparbietà delle persone (o, in questo caso, dei personaggi) diversamente abili che, se occorre, riescono a superare situazioni di pericolo grazie alle proprie capacità, sia fisiche che mentali. Non a caso questa antologia è nata dal mio thriller autobiografico "Solo!", che vi invito caldamente a scaricare, gratuitamente, dal web.
La narrativa, diversamente dal cinema, è più restia a raccontare la disabilità. Qual è il motivo?
Di solito si divide la narrativa in due grandi categorie: il "romanzo" - senza alcuna altra definizione, poverino! - e il romanzo "di genere", ovvero thriller, giallo, noir, horror, fantasy, spy-story, western, rosa, erotico, di fantascienza, di avventura, e tutti i relativi sottogeneri.
Il "romanzo" ha l'oneroso compito di far riflettere, mentre il romanzo "di genere" deve soprattutto divertire. La disabilità è un problema serio e si pensa che sia necessario affrontarlo in modo altrettanto "serio" e particolarmente approfondito. In realtà non è così.
Se io creo un personaggio e lo metto in una determinata situazione, il lettore, paragonabile ad un passante occasionale, vede subito il problema e come il personaggio lo affronta. Esattamente come accade nella vita quotidiana. E nei film.
Come è nato Mister Noir?
La prima scintilla, quella che poi mi ha portato a creare "Le avventure di Mister Noir", è scoccata nell'inverno 2001, guardando la soap opera "CentoVetrine". L'espressività di Serena Bonanno, una delle protagoniste più brave e versatili, mi ricordava molto quella di Diana Rigg quando interpretava la bella e simpatica Emma Peel nel telefilm "Agente speciale", che vedevo quand'ero bambino.
Ma, non trovando alcun attore che potesse "sostituire" Patrick Macnee nei panni del flemmatico e ironico John Steed, accantonai l'idea di creare una serie di racconti ispirata a quel telefilm. Quando poi fu annunciato che il 2003 sarebbe stato l'anno Europeo della disabilità, mi venne l'idea di celebrarlo creando il primo eroe disabile seriale della storia della letteratura italiana - protagonista, oltretutto, di thriller umoristici - per M-Rivista del mistero, diretta da Andea Carlo Cappi e Andrea G. Pinketts, con la quale stavo collaborando da quasi due anni.
Ripresi, quindi, l'idea di realizzare un serial letterario ispirato ad "Agente speciale", di cui volevo riproporre al pubblico lo spirito brioso e di cui avevo già trovato la mia "attrice italiana ideale" per il ruolo della protagonista. Così ho sostituito il normodotato protagonista maschile con Mister Noir, un investigatore privato in carrozzina...liberamente ispirato a me stesso.
Come hai coltivato la tua passione di scrittore? Hai frequentato corsi? Sei autodidatta?
Ho cominciato da autodidatta - studiando alcuni manuali di scrittura creativa generale -, poi ho frequentato tre corsi - di sceneggiatura per fumetti, di scrittura creativa mystery, e di sceneggiatura per film -, ho fatto pratica - collaborando, soprattutto, come giornalista all'Agenzia Hpress, e, come scrittore, a M-Rivista del mistero -, e ora sto continuando come autodidatta, leggendo con estrema attenzione i romanzi altrui per carpirne le tecniche, "adottando" quello che considero particolarmente efficace. Ed eliminando tutto ciò che non mi piace, affinando, così, il mio stile personale.
Scrivere è sempre stata la mia grande passione, fa proprio parte di me come le cellule del mio Dna: diventare uno scrittore famoso è sempre stato il mio obiettivo sin dall'età di 19 anni (o anche da molto prima, se si considerano i sogni da bambino). Nella mia vita, tutte le mie scelte, a volte anche drastiche e definitive, sono sempre state incentrate su questo e a farmi mantenere sempre un attivo e costante contatto con il mondo della scrittura creativa, nelle sue diverse forme ed espressioni, scartando a priori tutte le alternative che mi avrebbero allontanato da esso.

fonte:http://www.personecondisabilita.it/

Ladri di carrozzelle

Quella dei Ladri di Carrozzelle è una realtà unica nel panorama musicale italiano trattandosi di una band formata anche da artisti con disabilità.

La nascita del gruppo risale al 1989 quando Paolo Falessi conosce un gruppo di ragazzi, portatori di handicap, che in quel periodo sono in soggiorno a Cattolica e vista la passione comune per la musica decidono di rivedersi al ritorno a Roma. Il quartiere di Tor bella Monaca, dove la maggior parte dei ragazzi abita, è il punto di ritrovo e nel volgere di pochissimo tempo nasce il gruppo che oltre alla principale attività concertistica si pone anche come obiettivo quello di diffondere un'immagine nuova ed insolita della disabilità con attività collaterali, quali possono essere concerti e dibattiti nelle scuole dove i "Ladri" aiutano gli alunni a riflettere su pace, musica e diversità.

La distrofia muscolare è una malattia che colpisce e debilita progressivamente i muscoli, e nella prima formazione la batteria, nell'impossibilità di essere suonata da un solo elemento, è stata divisa in quattro parti, così come il basso è stato sostituito da un sintetizzatore a tastiera che ne riproduce fedelmente il suono.

I musicisti che hanno partecipato al progetto ladri di carrozzelle nel corso degli anni sono stati una trentina, la formazione è composta da 8 musicisti fissi (di cui 5 con disabilità), attualmente è la seguente: Domenico Aldorasi, Paolo Falessi, Pasquale Maiorano, Piero Petrullo, Sergio Lepidio, Emanuel Rinaldi, Gianluca Bacconi, ai quali a volte si aggiungono, se la salute lo permette, alcuni dei fondatori della band.

Nel 1992 il loro primo promo cd Distrofichetto a cui segue nel 1993 il primo album Chi non salta, entrambi pubblicati dall'etichetta Anagrumba che distribuirà anche il successivo cd singolo Diversi da chi  (1996). Nel 1995 di notevole importanza è stata la partecipazione al concerto del 1º maggio, tenutosi a Roma, davanti a 150.000 persone. Il secondo album, pubblicato nel 1997, é Cambio di rotta a cui fanno seguito, nel 1998, il singolo Regina Coeli e il loro primo live In concerto?; nel 1999 escono il singolo Anima mia, con una versione normale e una per karaoke, e il quarto album Scuolatour. Il loro lavoro discografico prosegue nel 2000 con Sparta (e dintorni). L'intensa attività concertistica trova spazio nel secondo album dal vivo, del 2003, Live?. L'ironia e la simpatia con cui i LdC affrontano le loro esibizioni è rappresentata anche dal particolare che accomuna i titoli dei due album live, il punto interrogativo. Nel 2005 pubblicano Come un battito d'ali e il cd singolo Equilibrio instabile. Nel 2006 è la volta di ladrenalina presentato in anteprima durante il concertone del 1º maggio a piazza San Giovanni, cantando anche "A muso duro" di Pierangelo Bertoli, artista costretto a stare su una sedia a rotelle come alcuni di loro. nel 2007 Prendila comoda vede l'apparizione della voce dell'ultimo cantante in ordine di tempo Emanuel Rinaldi.
Dal 2002 hanno dato vita al laboratorio "Area22", una scuola di rock destinata ai ragazzi diversamente abili con le finalità di diffondere la cultura musicale nei partecipanti, promuovere l'integrazione sociale, far emergere talenti inespressi, dare opportunità occupazionali attraverso una formazione specifica e permettere l'esibizione su un palco. Per raggiungere questi obiettivi la cooperativa si avvale di strumenti musicali appositamente modificati e di un metodo efficace e innovativo di insegnamento. Altre attività della cooperativa sono lo studio di registrazione e quello di grafica.

fonte:http://www.handishow.it/

«Sesso, amore e disabilità» Un documentario per sfatare un tabù


MILANO - Oltre 9mila chilometri in giro per l’Italia allo scopo di raccogliere, telecamera alla mano, quello che le persone disabili dicono o non dicono in merito a sesso, amore e affettività. Il risultato sono 36 video-interviste, dalla Lombardia alla Calabria isole comprese, che sono diventate un film-documentario. È «Sesso, amore e disabilità», il progetto ideato e voluto da Adriano Silanus e Priscilla Berardi, rispettivamente regista e psicoterapeuta, realizzato grazie alla collaborazione del Centro documentazione handicap e dell'associazione Biblioteca vivente di Bologna, di Luca Cresta e Claudio Pacini, autori di colonne sonore per il cinema e la televisione che hanno donato le musiche per il lungometraggio, e grazie alla raccolta fondi ancora in corso promossa da Produzioni dal basso. L’anteprima nazionale del video (martedì 30 ottobre alle 18 in Sala Borsa) è stata inserita all'interno del Festival Gender Bender.
UN TEMA SOTTO SILENZIO – Le storie, i volti e le voci dei 36 protagonisti (tra cui anche alcuni medici, psicologi e genitori) raccontano, senza preconcetti ma con onestà e franchezza, i bisogni sia del corpo sia dello spirito che della mente affrontando argomenti anche «tabù» come l’omosessualità delle persone disabili, il ricorso alla prostituzione, le assistenti sessuali esistenti in alcuni paesi del Nord Europa e i devotee (coloro che prediligono rapporti sessuali con persone in carrozzina o amputate). La vita sessuale e affettiva delle persone con disabilità, infatti, è un tema messo spesso sotto silenzio e su cui si addensano frequentemente veti, imbarazzo, equivoci, ignoranza e pregiudizi. Ecco allora che l’obiettivo del documentario è quello di «dare visibilità, attraverso le testimonianze dirette di esperienze reali e vissuti personali di uomini e donne, a un argomento di cui non si parla molto come il rapporto tra sessualità, relazioni sentimentali e disabilità. Per raggiungere il fine ultimo di contribuire, così, all’affermazione di un diritto individuale che deve essere di tutti», fanno sapere i promotori del progetto.
TRA SOCIALE E CULTURALE – Dopo le fasi di post produzione e montaggio, «ora il lungometraggio è pronto», spiega il regista. Prevista anche la sottotitolazione «per le persone non udenti e quella in altre quattro lingue per consentirne una diffusione in quasi tutta Europa», continua Adriano Silanus. Per quanto riguarda la distribuzione, invece, «abbiamo pensato a un doppio canale sociale e culturale insieme: da una parte un dvd gratuito per le associazioni, le università, le scuole e i cinema d’essai che ne faranno richiesta e dall’altra la partecipazione a rassegne, festival e concorsi cinematografici», allo scopo di uscire dai dibatti a porte chiuse tra gli addetti ai lavori e cercare di raggiungere, nonché di sensibilizzare, più pubblico possibile. Il progetto – «che non ha scopo di lucro», ci tiene a sottolineare il regista – ha scelto di concentrarsi solo sulle disabilità fisiche e sensoriali, sia congenite sia acquisite, ritenendo che le disabilità intellettive meritino un discorso a parte. Per saperne di più sul film documentario e per vedere il trailer: www.sessoamoredisabilita.it.

fonte:http://www.corriere.it/

L’inclusione comincia dalla campagna


L’inclusione comincia dalla campagnaLa Regione Toscana ha diffuso i risultati del bando sull’agricoltura sociale lanciato lo scorso maggio con lo scopo di finanziare progetti di accoglienza di persone con disabilità e/o svantaggio, per il miglioramento della loro autonomia e capacità tramite lo svolgimento di esperienze in attività rurali. Un’iniziativa unica in Europa che permetterà l’occupazione, in un’azienda o in una cooperativa agricola, di 356 persone con disabilità o disagio sociale. Di queste, 44 hanno problemi di autismo, 236 hanno malattie di carattere psichiatrico, 45 hanno problemi di tossicodipendenza e 15 sono ex detenuti. Tra i partecipanti, ci sono 12 minori di 18 anni, 153 giovani fra 18 e 30 anni, 86 fra 31 e 40 anni, 64 fra 41 e 50 anni e 41 over 50.

Fonte:http://www.west-info.eu/it/

Depp a giudizio, i suoi bodyguard aggredirono una persona disabile

Guai giudiziari per Johnny Depp. Una donna disabile ha dichiarato di essere stata aggredita dalle sue guardie del corpo durante un concerto lo scorso dicembre, sotto gli occhi della star americana, che non avrebbe fatto nulla per bloccarle.
CHIESTO IL RISARCIMENTO DEI DANNI. La donna si è rivolta al giudice, chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Lo ha reso noto la Corte Superiore di Los Angeles. Robin Eckert, 53 anni, professoressa di medicina presso l'Università della California (UC) a Irvine, aveva acquistato i biglietti per un concerto di Iggy and the Stooges.
TRASCINATA A TERRA. Uscita durante l'intervallo, ha raccontato che le guardie del corpo di Depp le avrebbero impedito di tornare al suo posto per la ripresa del concerto e che sarebbe stata trascinata in terra. Uno dei legali di Depp, Andrew Brettler, ha negato ogni coinvolgimento del suo cliente. «Non possono provare niente, solo che lui era lì, passivamente», ha detto, aggiungendo che solo due delle quattro guardie di sicurezza coinvolte nell'incidente lavorano per Johnny Depp.

fonte:http://www.lettera43.it/

martedì 30 ottobre 2012

Venezia, Rampe su tutti i 13 ponti per abbattere le barriere

VENEZIA – Da sette anni ormai grazie alla stretta collaborazione tra Venicemarathon e l’Ufficio eliminazione barriere architettoniche del Comune, è stato avviato il progetto “Venezia Accessibile” che prevede delle rampe su tutti i 13 ponti che i maratoneti devono affrontare negli ultimi chilometri del percorso, un ostacolo normalmente insuperabile per gli atleti che partecipano in carrozzina.
Con questo progetto, le rampe che sono state ideate fin dalla prima edizione, saranno fisse fino al prossimo Carnevale, per un periodo di oltre quattro mesi. Questo progetto è inserito perfettamente nella filosofia operativa della Venicemarathon che non vuole essere esclusivamente un evento sportivo ma anche un veicolo atto a valorizzare e promuovere tutto il territorio, rendendolo in questo modo più fruibile a tutti. Non a caso domani pomeriggio, dopo la cerimonia d’inaugurazione delle rampe, verrà dato il via a una simbolica gara non agonistica denominata “Mamme in Rampa”, un gruppo di giovani madri daranno vita con i loro passeggini a una spensierata corsa su e giù per le varie rampe. Inoltre, per questa edizione, in collaborazione con la Biennale di Architettura di Venezia, il progetto è partito già in agosto con la messa in opera delle prime due rampe che rendono accessibile l’ingresso ai padiglioni della Biennale. Un po’ di Venicemarathon si trova anche all’interno del padiglione Venezia dove la politica di eliminazione delle barriere architettoniche del Comune di Venezia è illustrata con i progetti degli architetti vincitori nel 2005 del concorso legato alle rampe della maratona.

fonte:http://www.disablog.it/

Tutti sott'acqua (disabili una sega)

Tutti sott'acqua (disabili una sega).“Tutti sott'acqua” è un progetto sperimentale realizzato da un gruppo bene affiatato: due psicologhe, alcuni insegnanti sub e ragazzi con qualche disabilità. Il nostro inviato Saverio Tommasi è andato a provarlo e ha scoperto che il gruppo funziona bene e impara velocemente. “Ci si diverte perché si impara”, ci racconta Saverio “ma ci si diverte anche per gli scherzi sotto la doccia, per le uscite in mare e per gli insegnanti che si arrabbiano, ad esempio quando la confusione è troppa o per gli schizzi in piscina non sempre graditi (e invece continuano, perché schizzarsi è comunque divertente, no?)”
La squadra di “Tutti sott'acqua” è composta quasi interamente da volontari. Gli allievi hanno la sindrome di down, oppure sono ciechi o autistici o altre disabilità ancora. Ai corsi sono ammessi tutti, e ognuno viene seguito personalmente da qualcuno dei volontari, ma se avete in mente il volontario triste con la lacrimuccia all'occhio e pervaso da un senso di sofferenza perché “dai disabili bisogna farsi vedere tristi perché loro sono sfortunati e sono SICURAMENTE tristi”, scordatevelo. Qui si ride e le paturnie si lasciano nel sacco dei pregiudizi, ben piantato dentro il cassonetto della spazzatura.
Con questo gruppo di insegnanti i ragazzi imparano a diventare sub. Non tutti imparano alla stessa maniera perché non tutti siamo uguali, questo è ovvio. “Non c'è una sola disabilità uguale all'altra” ci ricordano Giulia e Lara, le due psicologhe “perché la verità è che non c'è una sola persona uguale all'altra”.
Il progetto, che ha appena iniziato il suo secondo anno di vita, sta funzionando bene. Ragazzi che avevano paura ad entrare in acqua ora nuotano indossando tranquillamente maschera e boccaglio. E ragazzi che già nuotavano ora sono in grado di mettere la muta e le bombole e andare sott'acqua. “Tutti sott'acqua”, appunto. Nel video troverete le prove di questa affermazione. E un po' di più.

Trovate il video qui:http://youmedia.fanpage.it/


fonte:http://www.fanpage.it/

Cittadinanzattiva, “A rischio qualità protesi per disabili”

ROMA – A rischio la qualità di protesi ed ausili per malati cronici e disabili. Per effetto di successivi e reiterati tagli (dl 98/2011 e dl 95/2012), ultimati dalla legge di stabilità 2013, la spesa relativa ai dispositivi medici si ridurrà di 1.250 milioni di euro nel 2013 e di ulteriori 1.750 milioni nel 2014, ossia rispettivamente del 18 e 25 per cento in meno rispetto agli attuali livelli di spesa. è la denuncia di Cittadinanzattiva, il cui responsabile del Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (Cnamc), Tonino Aceti, spiega: “Il rischio per malati cronici e persone con disabilità è quello di vedere minato il proprio diritto all’accesso, ma anche e soprattutto alla qualità, innovazione, personalizzazione e sicurezza di dispositivi come carrozzine, pannoloni. Come affermato dalla Corte dei Conti, la scelta di operare una riduzione indistinta dei finanziamento statale al SSN potrebbe produrre effetti indesiderati”.
Secondo Cittadinanzattiva, “le Regioni, infatti, a fronte di tagli sempre più frequenti e massicci saranno costrette, come già stanno facendo, ad erogare prodotti scadenti e al costo più basso, individuato anche attraverso procedure di acquisto centralizzate, che nel medio lungo periodo produrranno un’esplosione della spesa ospedaliera per il trattamento delle relative complicanze causate dal loro stesso utilizzo.
Una scelta miope e poco lungimirante. è il caso dei dispostivi per le stomie, utilizzati nel Lazio, che stanno ‘rovinando la vità di molte persone atomizzate”.
“Non si può continuare ad avere un approccio esclusivamente economicistico – conclude Aceti – non considerando la ‘qualità della vita’ delle persone con malattie croniche e rare. Il Governo anzichè tagliare in modo lineare i tetti di spesa, garantisca una riqualificazione selettiva della stessa, ad esempio attraverso l’implementazione di un’attività di Hta (valutazione delle tecnologie sanitarie), che preveda anche la partecipazione delle Organizzazioni civiche e di pazienti”.

fonte:http://www.disablog.it/

Un Pronto Soccorso per le malattie rare

MILANO - Un bambino arriva in pronto soccorso con un disturbo frequente come febbre, vomito o mal di pancia. Il pediatra in genere sa come gestire la situazione, ma che fare se i genitori riferiscono che il piccolo ha una malattia rara, che il medico di guardia può avere a malapena sentito nominare? «Il collega che in genere si occupa di tutt’altro ha diritto di non conoscere queste condizioni così poco comuni - dice Angelo Selicorni, responsabile dell’Ambulatorio di genetica clinica pediatrica dell’Ospedale San Gerardo di Monza -, ma ha il dovere di non fare danni e anzi di fare il possibile per evitare complicazioni più gravi». Anche in questo potrà venire in aiuto internet, le cui potenzialità nei confronti delle malattie rare sono state esplorate e sviscerate a fondo, insieme ai pericoli che questo mezzo comporta, nel Convegno "E-patients, e-parents, e-doctors. Le malattie rare via web, opportunità e rischi", organizzato all’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma da Telethon e Orphanet, una realtà nata in Francia 15 anni fa, ma che ben presto si è estesa a tutta Europa.
LINEE GUIDA - «Sono quasi 3mila malattie le malattie incluse nelle schede già tradotte in italiano, dopo essere state prodotte con un attento e rigoroso processo di redazione e verifica - ha riferito Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Bambino Gesù, che del ramo italiano di Orphanet è il coordinatore - e circa la metà dei circa 13mila visitatori che ogni giorno entrano nel sito internazionale sono medici». Anche loro infatti si trovano spesso sguarniti davanti a pazienti diversi da tutti gli altri. «Per questo, tra tante iniziative, si stanno mettendo a punto a livello internazionale, con un attento processo di revisione, linee guida per le emergenze che aiutino i medici a gestire le situazioni di crisi quando queste riguardano persone con malattie rare e quindi inevitabilmente meno conosciute» ha aggiunto Dallapiccola. Per ora ne sono state tradotte in italiano una ventina, pubblicate sul sito di Orphanet-Italia. «La nostra iniziativa è complementare a questa» spiega Selicorni. Mentre infatti le linee guida pubblicate sul sito di Orphanet sono molto dettagliate e approfondite, il medico di Monza ha coordinato la produzione di una serie di schede di immediata consultazione, graficamente molto intuitive, che possono aiutare immediatamente il medico di pronto soccorso a capire se il bambino che ha davanti, per tornare all’esempio iniziale, ha semplicemente contratto una banale infezione gastrointestinale come può capitare a qualunque suo coetaneo o invece sta andando incontro a una grave complicazione della sua malattia.
CD E LIBRO - «Queste situazioni si possono verificare in qualunque ora di qualsiasi giorno e in qualunque luogo, anche molto lontano dal centro di riferimento che ha in cura il bambino, che per esempio può essere in viaggio o in vacanza» aggiunge il pediatra lombardo. Per ora le schede sono state raccolte in un cd e in un volume, che si sta distribuendo gratuitamente a tutti i reparti di pediatria che forniscono servizio di pronto soccorso. «Il prossimo passo sarà di organizzare uno studio con alcuni di questi centri per verificare l’utilità e l’efficacia del materiale che abbiamo messo a punto - prosegue Selicorni -, dopo di che si potrà pensare di mettere in rete queste schede perché ciascun malato possa avere la propria sempre con sé, in modo da poter informare al meglio, e rapidamente, qualunque medico possa incontrare, la notte di Ferragosto, a centinaia di chilometri dall’équipe che lo segue abitualmente».

fonte:http://www.corriere.it/

lunedì 29 ottobre 2012

Spencer West, il “guerriero senza gambe”


Una forza in grado di scalare le montagne. Non solo un modo di dire, ma una vera e propria impresa quella compiuta da Spencer West, che senza arti inferiori è riuscito ad arrivare in vetta al Kilimangiaro, la montagna più alta d’Africa.
L’impresa – Il “guerriero senza gambe” che sfida il mondo per sovvertire le regole non si è arreso alle difficoltà centrando l’obiettivo: arrivare in cima ai 5.895 metri della vetta più alta del continente africano.  Per la scalata al Kilimangiaro, iniziata il 14 giugno, ha coinvolto due amici: David Johnson e Alex Meers. L’80% dell’arrimpicata con le proprie mani. «Una volta in vetta è stato incredibile», ha scritto Spencer West sul suo blog (vai al blog) «Ci siamo guardati attorno io, David e Alex e abbiamo realizzato di avercela finalmente fatta dopo una settimana estenuante di arrampicata, 6.000 metri di sangue, sudore, lacrime e, diciamocelo, anche vomito». Nel corso della scalata chiamata “Redefine Possible” ha raccolto mezzo milione di euro che saranno donati all’organizzazione benefica “Free The Children”, che aiuta i bambini nei Paesi più svantaggiati ad uscire dalla povertà. Su Twitter si definisce World Change Warrior, e attraverso questa impresa un po’ il mondo l’ha cambiato.
La storia – Spencer West è americano ed ha 31 anni, non possiede gli arti inferiori a causa di una malattia genetica, la regressione caudale, un disturbo dello sviluppo di segmenti spirali distali unilaterali. Dall’età di 5 anni non ha più le gambe e per questo è alto 0,78 metri.
I precedenti – Quella di Spencer però non è la prima “scalata impossibile”. Nel corso degli ultimi 15 anni c’è da ricordare quella del 2001 di Ed Hommer, che scalò l’Everest senza arti inferiori. Morì a 46 anni durante il secondo tentativo di arrampicata alla montagna più alta del globo. Nel 2001 Erik Weihenmayer, che perse la vista a 3 anni, scalò l’Everest dopo aver espugnato già la vetta di McKinley, Kilimangiaro e Aconcagna. Tre anni più tardi Nawang Sherpa fu la prima persona a scalare l’Everest con una protesi laterale artificiale, dopo aver perso la gamba a 16 anni in un incidente stradale. Nel 2006 fu Mark Inglis a conquistare le pagine dei giornali. L’alpinista neozelandese nel 1982 restò intrappolato in una caverna di ghiaccio per 14 giorni e a causa del congelamento subì l’amputazione delle gambe, ma nonostante questo è riuscito a scalare l’Everest. Infine nel 2011 fu la volta di Rhonda Graham, una statunitense di 61 anni che nel 1980 le fu amputata una gamba, ma riusci nella scalata.

fonte:http://www.lottimista.com/

Il ragazzo autistico sopravvissuto nel deserto

William Martin Lafever ha 28 anni ed è affetto da autismo. È stato protagonista di un’impresa davvero incredibile: è riuscito a sopravvivere per ben tre settimane in una delle zone più inospitali e insidiose del mondo, il deserto che occupa la parte occidentale dello Utah, negli Stati Uniti. Un paesaggio lunare, asciugato da un sole che butta sui sassi i suoi 40 gradi di fuoco. Tutto ciò che si può vedere sono solo brulle catene montuose e aride vallate color ruggine. William è sopravvissuto per tanto tempo cibandosi solo di rane e radici, e dissetandosi con l’acqua del fiume Escalante, sulle cui rive è stato alla fine trovato dall’elicottero della polizia che stava sorvolando la zona. Era emaciato, pelle e ossa, disorientato, debole tanto da non riuscire a sollevare le braccia, ma incredibilmente vivo.
“Quando ce lo siamo trovato di fronte non potevamo credere che fosse vivo” ha detto Shane Olfield, il pilota della Contea di Garfield che lo ha salvato. Il ragazzo ha raccontato di avere camminato per circa 80 chilometri in quei 21 giorni. Secondo quanto riportato dalla stampa locale, sarebbe stato poi ricoverato in condizioni stabili al Garfield Memorial Hospital di Panguitch.
Tutto aveva avuto inizio il 6 giugno scorso, quando William, all’insaputa del padre, si era allontanato da casa con il suo cane per un’escursione con l’obiettivo di raggiungere la città di Page, in Arizona. Ma poco dopo essere andato via, il ragazzo aveva effettuato un’unica telefonata ai familiari dicendo di trovarsi poco lontano, di avere perso il cane e di essere stato derubato dei soldi e dell’attrezzatura per l’escursione, e comunque di non avere intenzione di fare ritorno a casa. Dopo di ciò, il silenzio fino al giorno del ritrovamento.
L’autismo è considerato una grave malattia ad esordio infantile che coinvolge essenzialmente la sfera psichica, quella delle interazioni sociali e delle emozioni. Nell’ambito di questo disturbo complesso e ancora in parte misterioso della funzione cerebrale, possono essere presenti in modo isolato ed eccellente singole competenze che vanno ben oltre la normalità. Tutto ciò deve costituire elemento di attenta riflessione verso coloro che la società, spesso in maniera frettolosa e superficiale, liquida come disabili, cioè privi di risorse. Nel caso specifico, possiamo davvero dire che William ha dimostrato di possedere una diversa grande abilità.

fonte:http://www.lottimista.com/

Praga accessibile ?


Dato che a breve andrò in viaggio a Praga, mi stavo giusto chiedendo se sia una città accessibile o meno alle persone con disabilità.
"n città si sta diffondendo un'attenzione sempre maggiore, anche se ancora insufficiente, verso il problema dell'abbattimento delle barriere architettoniche. Le rampe per le sedie a rotelle sono sempre più numerose, soprattutto agli incroci principali e negli alberghi di lusso. Per i non vedenti e gli ipovedenti, quasi tutti i semafori pedonali nel centro della città sono dotati di indicatori sonori che segnalano quando è il momento di attraversare la strada. Il Teatro Stavovské è dotato di strutture per gli audiolesi e, come molti altri teatri della città, è accessibile a disabili in sedia a rotelle. L'opuscolo mensile d'informazione Přehled segnala i locali con accesso per clienti in sedia a rotelle.Sono pochi gli autobus dotati di rampe di accesso per le sedie a rotelle, mentre sui tram queste sono del tutto inesistenti; autobus speciali accessibili alle sedie a rotelle fanno servizio dal lunedì al venerdì sulle linee n. 1 e n. 3; il percorso di questi mezzi comprende il tratto dalla stazione degli autobus Florenc a náměstí Republiky, e quello dalla stazione ferroviaria Holešovice a náměstí Republiky. Praha hlavní nádraží, la stazione ferroviaria Holešovice e alcune stazioni della metropolitana (Hlavní nádraží, Hůrka, Luka, Lužiny, nádraží Holešovice, Stodůlky e Zličín) sono dotate di ascensori automatici. In altre stazioni della metropolitana (Chodov, Dejvická, Florenc linea C, Háje, IP Pavlova, Opatov, Pankrác, Roztyly e Skalka) ci sono ascensori speciali utilizzabili con l'aiuto del personale della stazione. Le Ferrovie Ceche (ČD) dichiarano che tutte le principali stazioni del paese sono attrezzate con rampe e ascensori per le sedie a rotelle, ma di fatto le strutture per i disabili sono del tutto insufficienti.Per quanto riguarda gli spostamenti in aereo, i viaggiatori disabili dovrebbero informare la compagnia circa le proprie esigenze prima al momento della prenotazione, poi al momento della conferma del volo, e infine di nuovo al banco del check-in. Quasi tutti gli aeroporti internazionali (compreso quello di Praga) sono dotati di rampe, ascensori, servizi igienici e telefoni per disabili. I servizi igienici a bordo, tuttavia, non sono accessibili ai viaggiatori in sedia a rotelle, che quindi prima di partire dovranno discutere il problema con la compagnia aerea e/o il proprio medico."
fonte:http://www.lonelyplanetitalia.it/

Le attrezzature per i disabili sono piuttosto scarse in città, sebbene la situazione stia lentamente cambiando. Il problema maggiore riguarda i mezzi pubblici: solo le stazioni della metropolitana più recenti hanno ascensori e guide per non vedenti, mentre le restanti stazioni e i tram sono inaccessibili alle sedie a rotelle. Qualche autobus è fornito di piattaforme ribassate, ma solo due linee con tali attrezzatura collegano la periferia al centro, gli altri servono esclusivamente i quartieri periferici e sono, quindi, poco utili ai turisti.
Per quanto riguarda gli hotel, i più recenti sono privi di barriere architettoniche, ma il numero di camere accessibili dalle sedie a rotelle è ridotto. Il migliore è l’Hotel Hilton.
I cani guida per i non vedenti sono ammessi sui mezzi pubblici, nelle banche, nei palazzi pubblici e nei monumenti storici.
I principali monumenti senza barriere architettoniche sono:
A Praga esistono gruppi in grado di fornire consigli e aiuti pratici:
  • Czech Association of Persons with Disabilities (Karlínské námestí, 12)
  • Prague Wheelchair Association (Beneditske, 6 www.pov.cz)
  • Unione ciechi (Havlíckova, 4)
  • Organizzazione Unita dei ciechi e delle persone con problemi di vista (Krakovské, 21 www.braillnet.cz)
In particolare presso l’Associazione Praghese dei Disabili si può ritirare un depliant intitolato “Barrier-free Prague”, in cui sono indicati i percorsi di visite ai monumenti privi di barriere architettoniche con musei, ristoranti, bagni pubblici e negozi accessibili lungo il percorso.

fonte:http://www.praga.be/

Qui invece potete trovare un racconto di viaggio di Claudio,costretto in sedia a rotelle.
http://www.disabili.com/

Nuoto e sindrome di Down: verso i Mondiali di Loano

Verranno infatti presentati il 31 ottobre i sesti Campionati Mondiali di Nuoto DSISO, manifestazione dedicata agli atleti con sindrome di Down, in programma per la prima volta in Italia, dal 15 al 23 novembre a Loano (Savona). Un evento particolarmente interessante, anche in vista dell’introduzione di queste gare nel programma delle Paralimpiadi del 2016 a Rio de Janeiro.

La giovane cremonese Maria Bresciani si è aggiudicata una medaglia d’oro e una d’argento ai Mondiali DSISO di Taipei del 2010
Maria BrescianiÈ ormai imminente la conferenza stampa di presentazione dei sesti Campionati Mondiali di Nuoto DSISO (Down Syndrome International Swimming Organisation, ovvero Mondiali per atleti con sindrome di Down), che per la prima volta si svolgeranno in Italia, ed esattamente a Loano (Savona), dal 15 al 23 novembre, in quella Liguria già protagonista, nel 2011, di un altro importante evento sportivo internazionale, anch’esso dedicato agli atleti con disabilità, vale a dire i Global Games 2011.
La manifestazione verrà infatti presentata mercoledì 31 ottobre a Genova (Sala Auditorium della Regione Liguria, Piazza De Ferrari, 1, ore 11.30), da Dario Della Gatta, presidente del Comitato Organizzatore e da Gabriele Cascino, assessore regionale allo Sport.
L’evento ligure – che segue i Campionati Europei di Albufeira in Portogallo del 2011, dai quali l’Italia tornò con un bottino di ben cinquantacinque medaglie e i Mondiali asiatici di Taipei del 2010, dove gli Azzurri di Marco Peciarolo si aggiudicarono ventidue allori – è organizzato in collaborazione con il CIP (Comitato Italiano Paralimpico) e con la FISDIR (Federazione Italiana Sport Disabilità Intellettiva Relazionale) e coinvolgerà oltre trecento atleti e tecnici, provenienti da diciannove Paesi, rivestendo un particolare interesse, anche in vista dell’introduzione di queste gare nel programma delle Paralimpiadi del 2016 a Rio de Janeiro.

fonte:http://www.superando.it/

Prototipo di carrozzina robot che supera qualsiasi ostacolo

Al Chiba Institute of Technology, in Giappone, un gruppo guidato da Shuro Nakajima ha messo a punto una sedia a rotelle robot in grado di salire sui gradini.
La carrozzina-robot, con le sue quattro ruote motrici e cinque assi, è in grado di superare ogni tipo di ostacolo utilizzando le ruote come delle “gambe”.
L’utilizzatore deve semplicemente guidare la sedia con un joystick, il robot – grazie ad un sensore – valuta automaticamente il terreno circostante e si muove in modo appropriato. (www.diginfo.tv)


fonte:http://www.disablog.it/

La storia di Alex Zanardi


L’atleta paralimpico Alex Zanardi ha vinto il suo secondo oro alle Paralimpiadi di Londra. Dopo una prima medaglia vinta nella handbike 16 chilometri cronometro, ha vinto in volata anche nella handbike 64 chilometri su strada. Zanardi ha 46 anni ed è un ex pilota di varie categorie di automobili, tra cui anche la Formula 1, ed era uno degli atleti più attesi alle Paralimpiadi, non soltanto in Italia.
Uno dei motivi che hanno portato le sue gare ad essere così attese è la tenacia dimostrata da Zanardi che nel 2001 è stato vittima di un incidente automobilistico in cui ha perso entrambe le gambe. Dopo l’incidente Zanardi ricominciò quasi subito a pilotare macchine da corsa e non smise mai di praticare vari sport. È sempre riuscito a parlare con leggerezza del suo incidente, anche scherzandoci su, come nella sua famosa intervista a David Letterman. «Ho avuto in dote un inguaribile ottimismo», ha detto in un’intervista del 2008.
Zanardi è nato a Bologna nel 1966. Suo padre faceva l’idraulico («Era un uomo poco colto ma molto intelligente», ha detto in un’intervista). Alessandro – nella sua vita ha avuto moltissimi soprannomi e tutti oggi lo chiamano “Alex” – cominciò a correre su kart a 13 anni. Proseguì la sua carriera passando alla Formula 3, e vincendo un campionato nel 1990, arrivando poi alla Formula 3000 con il team Il Barone Rampante. Dalla fine del 1991 Zanardi cominciò a correre in Formula 1, prima con il team Jordan, poi con la Lotus. Nel 1993 fece un terribile incidente durante il Gran Premio del Belgio, ma già un anno dopo ritornò a correre nel Gran Premio di Spagna. Quando però alla fine di quell’anno la Lotus fallì, Zanardi si ritirò una prima volta dalla Formula 1.
Ma non smise di correre: venne infatti assunto come pilota di Formula Cart (un campionato automobilistico simile alla Formula 1, che oggi si chiama Champ Car). Al capo del suo team venne sconsigliato di farlo firmare: gli venne detto che i piloti italiani erano troppo spericolati e sbagliano troppo. Zanardi arrivò secondo al suo primo campionato di Formula Cart e vinse le due stagioni successive: 1997 e 1998. Grazie al fatto di parlare bene inglese, e al suo carattere simpatico e modesto, diventò presto un pilota molto conosciuto nel circuito sportivo statunitense.
Nel 1998 Zanardi ritornò alla Formula 1, ma come nella precedente esperienza continuò a non ottenere grandi risultati. Fece un incidente sulla pista di Imola e chiuse la stagione 1999 con 0 punti (in tutta la sua carriera di Formula 1 ha ottenuto soltanto un punto). Zanardi lasciò di nuovo la Formula 1 e tornò alla Formula Cart.
Il 15 settembre 2001 a Lausitz, in Germania, stava disputando una delle sue migliori gare di sempre: dopo una partenza in fondo alla pit lane era riuscito a recuperare una posizione dopo l’altra e a piazzarsi in testa alla gara. Dopo un pit stop, probabilmente troppo posticipato, stava rientrando in pista cercando di non perdere posizioni ma a causa di un colpo di acceleratore si ritrovò di traverso in mezzo alla pista. Un primo pilota riuscì ad evitarlo per poco, ma un altro pilota, subito dietro, il canadese Alex Tagliani, riuscì a vedere l’auto di Zanardi soltanto all’ultimo minuto, la colpi di fianco e tagliò via il muso dell’automobile.

Zanardi perse immediatamente entrambe le gambe e in pochi minuti quasi tre quarti di tutto il suo sangue. Dopo un primo soccorso in pista, in ospedale i medici lo operarono per tre ore nel tentativo di chiudere le ferite, e alla fine riuscirono a salvargli la vita. Il pilota rimase incosciente per oltre una settimana. La leggenda di Zanardi e la ragione del perchè era così atteso alle Paralimpiadi comincia qui.
Appena dopo l’incidente Zanardi decise che le protesi in commercio non lo soddisfacevano e disegnò da solo un paio di nuove gambe artificiali, con l’obiettivo di tornare a gareggiare. Ci riuscì appena due anni dopo l’incidente, nel 2003, proprio sulla pista che nel 2001 lo aveva quasi ucciso. L’auto era una Gran Turismo e la sua era una corsa di prova, ma se fosse stata una vera gara, con il tempo ottenuto, si sarebbe qualificato quinto.
La prova lo convinse a tornare a correre e diventò un pilota della BMW, utilizzando un’auto modificata apposta per poter essere guidata senza gambe. Corse cinque campionati, dal 2004 al 2009 ottenendo diverse vittorie e annunciando poi il suo ritiro. Dal 2007 ha cominciato a praticare la handbike, la bicicletta con tre ruote che viene spinta con le braccia. Dopo soltanto 4 settimane di allenamento, proprio nel 2007, arrivò quarto alla maratona di New York nella divisione handbike.
Zanardi ha sempre detto che per lui lo sport è tutto e che non potrebbe mai restare con le mani in mano. Allo stesso tempo, è anche consapevole di essere diventato da qualche anno un personaggio molto popolare e di essere per molti una fonte di ispirazione: dopo che un incontro con lui al MotorShow di Bologna ebbe un grandissimo successo di pubblico, quattro anni fa, disse che «dopo l’incidente, sono diventato un personaggio strano, un misto tra padre Pio e Raffaella Carrà».
Prima di partecipare alle Paralimpiadi, Zanardi aveva dichiarato che il suo obiettivo era una medaglia d’oro e che poi sarebbe tornato ai motori. In questi giorni, dopo aver conquistato il primo oro, ha raccontato in un’intervista che adesso punta anche alle Paralimpiadi invernali.
Oltre all’attività nelle corse, Zanardi è molto attivo da anni in una quantità di iniziative e progetti diversi. Per fare solo due esempi, ha doppiato il personaggio di Guido nei film d’animazione Cars e Cars 2 (nella versione italiana parla in dialetto bolognese) e ha condotto a partire dal 2010 il programma televisivo di divulgazione scientifica E se domani, su Rai 3.

Fonte:http://www.ilpost.it/

Disabili, parlamentari per un giorno


Disabili, parlamentari per un giornoIl 26 e 27 ottobre, 300 disabili hanno preso parte ad una seduta straordinaria del Parlamento tedesco. Un evento, il primo di questo tipo, che consente a deputati ed esponenti della società civile di discutere, per due giorni, su tempi, modi e risultati dell’applicazione della Convenzione ONU per i diritti dei disabili. Che la Germania sta attuando con un passo da lumaca. Berlino, infatti, pur avendo recepito il testo delle Nazioni Unite nel 2009, ha continuato a tenere in piedi le “Förderschulen” (scuole speciali riservate ad alunni disabili) che saranno smantellate in tutta la federazione solo a partire dall’anno prossimo.

fonte:http://www.west-info.eu/

Bologna, l'allenatore di basket Calamai: "Bello lavorare con la diversità"

Parla l'ex giocatore che da anni con l'Associazione Basket Handicap è alla guida di progetti di sport per ragazzi disabili. "Si concretizza finalmente il sogno di veder giocare ragazzi speciali accanto ai cosiddetti normali"
Calamai insieme ai suoi atleti BOLOGNA - Marco Calamai, prima come giocatore, poi come allenatore, è stato un nome importante del basket italiano. Dal 1995, lasciata l'attività agonistica, si è dedicato a progetti sportivi rivolti a ragazzi affetti da disabilità psichica. L'idea, nel corso degli anni, è poi maturata fino ad arrivare a Bologna, dove con il contributo della Polisportiva Lame, del Quartiere Navile e dell'Asl ha creato il progetto "Mi passo a te e faccio canestro", un'attività di basket che vede ragazzi normodotati giocare nella stessa squadra con quelli che Calamai chiama "i miei ragazzi speciali". "Questo progetto rappresenta il frutto più maturo della mia esperienza - dice Calamai - un sogno che finalmente si concretizza, quello di vedere questi ragazzi giocare in una squadra normale, come tutti i loro coetanei. Ci siamo riusciti, ed è un progetto partito da lontano, il cui vero zoccolo duro è rappresentato dai genitori, famiglie incredibili che credono sul serio che si possa fare qualcosa per i loro figli".
L'iniziativa va avanti già da 5 anni, e da 3 gode del contributo del Quartiere Navile. Attraverso queste attività, bambini e ragazzi, con difficoltà grandi e piccole, giocano per potenziare le proprie autonomie, governare al meglio le proprie emozioni, rinforzare la propria autostima, prolungare i tempi di attenzione e rinforzare le proprie competenze sociali con coetanei e adulti. Ma senza il sostegno delle famiglie, coinvolte attraverso una disponibilità mirata all'ascolto e al sostegno, niente di tutto questo sarebbe possibile. "Ho conosciuto delle realtà splendide - continua Calamai - Credo che questa sia un'importante iniziativa di salute e prevenzione, ed è bellissimo lavorare con ragazzi di etnie e valori diversi e vederli comunicare attraverso il pallone. Ciò dà la connotazione di cosa sia il Quartiere Navile in termini di tolleranza e integrazione e fa capire come, con gli strumenti giusti, si possano dare risposte davvero importanti".
L'attività presenta le caratteristiche classiche del gioco del basket, adattate e modificate in base alle caratteristiche dei bambini e dei ragazzi che vi partecipano. "Abbiamo a nostra disposizione uno psicologo dello sport - dice Calamai - e uno dei nostri operatori è disabile; capisce le difficoltà e sa porsi nel modo giusto con i ragazzi. Anche grazie agli operatori Asl e ad alcuni scout ci è possibile allenare circa 35 ragazzi, divisi in due turni. Il progetto è rivolto ai minori, ma fondamentalmente è aperto a tutti, con qualche piccolo privilegio per i bambini residenti nel quartiere. Ci sono voluti anni per creare una realtà così ben strutturata, e anche quando ce n'è stato bisogno, è stato difficile fermarsi a riflettere, perché i genitori continuavano a cercarci e chiederci con forza di riprendere".
Gli adulti, educatori e istruttori, hanno quindi l'occasione di incontrare, conoscere e riconoscere talenti e risorse degli allievi piuttosto che i limiti dati dalla loro diversità, abbattendo stereotipi purtroppo ancora molto radicati. "Invito tutti a venirci a trovare per vedere di persona il nostro lavoro tutti i venerdì, dalle ore 15 alle 17, presso la sede della Polisportiva Lame in via Vasco da Gama - conclude Calamai - sono molto felice che enti pubblici come Asl, Comune di Bologna e Quartiere Navile sposino dei principi che sento miei da molto tempo. È la dimostrazione che la passione fa sempre la differenza".

fonte:http://www.superabile.it/

domenica 28 ottobre 2012

Donne che amano. Anche senza gambe. Marion, Giusy, e le altre.

“Delicatezza”, Stephanie chiede delicatezza ad Ali. Non si capisce quel che sono insieme, forse si amano, forse si sono solo trovati. Se due solitudini si incontrano qualcosa può nascere. Stephanie è una Marion Cotillard straordinariamente bella mentre interpreta il viso triste di una donna che si ritrova con le gambe amputate per un incidente con le orche che addestra. Ali un pugile che combatte in “fight club” improvvisati. Chi non ha ancora visto “Un sapore di ruggine e ossa” cerchi di farlo. Come capita a volte, anche film pluripremiati scompaiono presto dalle sale, senza che vi sia un motivo di qualità, solo il fatto che pochi vanno a vederli. Insieme alle gambe, Stephanie sente come se le avessero amputato sensualità e bellezza e voglia d’amore.
Quello di Jacques Audiard non è un film sulla disabilità, ma la tiene dentro facendola parte della vita, come è. Il dramma non nasce da due gambe amputate, ma dalle solitudini di due persone che si incontrano e riescono a cambiare. Qui non si vuole raccontarne trama o farne recensione, che in quel mestiere alla redazione spettacoli del Corriere sono maestri. Solo riprendere delle riflessioni nate da un lavoro che non ha paura a mostrare la disabilità al cinema, a farne parte della trama, a saperne cogliere sfumature e profondità. Non può essere un caso che anche questo film nasca in Francia (coprodotto da una televisione attenta al cinema di qualità come è Canal+) come è già successo per “Quasi amici”, fenomeno cinematografico dell’anno con al centro la disabilità e il rapporto fra due persone molto diverse, riguardo al quale ha scritto su InVisibili Franco Bomprezzi.
La causa della solitudine di Stephanie non è la disabilità sopraggiunta, che si aggiunge a un senso di vuoto che già c’è. Ali sembra rozzo e poco gentile. Effettivamente lo è. Senza accorgersene, senza farlo in maniera studiata, senza averne consigli, fa con naturalezza ciò che spesso naturale non è, ma dovrebbe essere: guarda oltre le gambe che mancano. Non le vede. “Vado a fare il bagno, vieni?” E lei che pensava di non poterlo fare più. “Vuoi scopare?” E lei che “non so se funziono ancora”. La delicatezza che chiede Stephanie è quella che chiederebbe qualsiasi donna, non una donna amputata.
Osservando Stephanie, mi sono tornate in mente le parole che mi disse Giusy Versace, bravissima e bellissima atleta paralimpica, amputata a entrambe le gambe dopo un incidente in auto a 27 anni, lei che il mondo della moda lo conosce bene, non solo per il nome che porta, e che vestiva anche minigonne e tacchi a spillo: “All’inizio ti senti la femminilità mozzata. Le gambe erano la cosa che mi piaceva di più di me stessa.  Poi ti accorgi che sbagli. Ho dovuto ritrovare il mio equilibrio: avevo 27 anni e una vita stravolta. Fare i conti con il dolore e la vita di tutti i giorni. Normale si facciano paragoni. Era come prima e dopo Cristo”. Giusy che un anno dopo l’amputazione va alla spiaggia di Scilla dove passava le vacanze e si mostra in costume: “Fu importante”. La scena del primo bagno in mare è fra quelle più coinvolgenti, con quelle parole di Stephanie che fanno da spartiacque della seconda vita: “Voglio fare il bagno anche io”.
Non è un film sulla disabilità, ma sull’amore, la paternità, i rapporti familiari, l’amicizia. Ma la disabilità è lì, al centro, perché è parte della vita, non si può nascondere e non si deve enfatizzare. Vale la pena vedere questo “Un sapore di ruggine e ossa”: 120 minuti ben spesi.

Scritto da Claudio Arrigoni

fonte:http://invisibili.corriere.it/