L’atteggiamento del governo inglese nei
confronti dei suoi cittadini disabili e poveri dovrebbe far suonare un
campanello d’allarme. Che diavolo sta succedendo? Chi sono queste
persone che esercitano il potere? È giusto continuare a fidarsi di loro?
I conservatori inglesi, dopo aver
ostacolato l’adozione della Tobin Tax (la tassa sulle transazioni
finanziarie che poteva sanare i debiti pubblici di molte nazioni, Regno
Unito incluso), smantellato lo stato sociale, e deciso che i dipendenti
pubblici delle aree più povere saranno pagati di meno (nonostante gli
economisti avvertano che ciò causerà un aggravamento della recessione e
del già ragguardevole divario nord-povero/sud-ricco):
ora riducono le tasse ai ricchi:
Curioso, visto che loro stessi hanno affermato che non ci sono soldi in cassa per i sussidi destinati all’inserimento sociale dei portatori di handicap.
“Come testimonia minuziosamente un articolo del Guardian online, l’altroieri le strade di Londra non erano affollate di gente in festa come per il matrimonio di William e Kate, ma di migliaia di disabili che manifestavano agguerriti. Il motivo della protesta sono stati i tagli effettuati dal Primo Ministro David Cameron ai servizi dedicati ai disabili”:
“Nuovi guai per David Cameron, che
stavolta hanno il volto di una ragazzina dai capelli rossi gravemente
disabile. La madre della piccola Holly Vincent, che aveva incontrato in
campagna elettorale il futuro premier conservatore in campagna
elettorale, gli ha oggi dato del traditore: “Mi aveva promesso
personalmente che la mia Holly sarebbe stata al sicuro se fosse stato
eletto, ma ha chiaramente tradito la promessa”, ha detto Riven Vincent, che in aprile aveva ricevuto il futuro primo ministro a caccia di voti nella sua casa di Bristol”:
Quel che i mezzi d’informazione italiani
non hanno saputo convogliare al pubblico italiano è la ferocia dei tagli
dei conservatori inglesi.
La drammaticità della condizione dei
cittadini britannici affetti da disabilità merita una particolare
attenzione perché rivela il carattere socialdarwinistico dell’attuale governo: 23 su 29 dei suoi membri sono milionari (in sterline); il premier è David Cameron, un aristocratico discendente diretto di re Guglielmo IV e figlio di un operatore di borsa. Non sorprende il loro atteggiamento da prescelti.
Per trent’anni il Regno Unito si era
impegnato a fare in modo che i disabili fossero messi nelle condizioni
di diventare sempre più autonomi ed attivi, protagonisti della vita
della loro comunità. Ora, come denunciano associazioni, docenti,
parlamentari, giornalisti e privati cittadini, l’austerità è diventata
un pretesto per annullare quel percorso trentennale, tra l’altro in
violazione della “Convenzione delle Nazioni Uniti sui diritti delle
persone con disabilità”, che era stata ratificata dal Regno Unito nel
2009:
Gli inglesi sono in balia di un
governo che disprezza la debolezza e riduce o abolisce progressivamente
ogni tipo di sussidio a disoccupati, famiglie povere, anziani e,
naturalmente, disabili, superando perfino gli eccessi dei tempi di
Reagan e Thatcher. L’assurdità di queste politiche è che i
disabili non saranno più in grado di mantenere il loro posto di lavoro e
quindi finiranno interamente a carico delle famiglie o degli istituti,
con costi maggiorati per l’erario. Inoltre, il personale che in
precedenza si prendeva cura di loro in quelle operazioni in cui non
possono essere indipendenti, diventerà licenziabile, andando ad
ingrossare ancora di più le file dei disoccupati.
Dunque neppure il criterio esclusivamente
utilitaristico, per quanto discutibile, può giustificarle. I
conservatori non sembrano curarsene, così come gli eurocrati non
sembrano curarsi del fatto che l’austerità causa decrescita ed allontana
il traguardo della riduzione del debito. Parlano ed agiscono come dei fanatici: è verosimile che lo siano.
Che, per di più, sia proprio Cameron, che poco tempo fa piangeva la
morte del figlio disabile, ad infierire sui disabili e le loro famiglie è
un’indecenza che lascia sconcertati. Il profluvio di denari sprecati in
Afghanistan, contro la volontà della stragran parte dei cittadini
britannici (ed afghani), sarebbe sufficiente a mantenere intatto lo
stato sociale, e la Tobin tax servirebbe a restituire alla società – con
ragguardevoli interessi – quello che l’avidità dei banchieri le ha
tolto attraverso la socializzazione delle perdite (cf. salvataggi pubblici di chi celebra il libero mercato e condanna lo Stato: si può essere più patetici e perdenti?) e la privatizzazione dei profitti (cf. sgravi fiscali, paradisi fiscali: si può essere più parassitari e ipocriti?).
Invece il messaggio che implicitamente si dà è che i disabili sono un fardello per la collettività e sarebbe opportuno che si togliessero di mezzo il più velocemente possibile. Com’è stato detto, un paese che “non può permettersi” di assistere i suoi disabili è certamente fallito, moralmente fallito. Il Regno Unito è diventata una presenza imbarazzante per l’Europa e si è avviato lungo una pessima china. Quel che il suo governo non pare aver capito è che le persone disperate che non hanno nulla da perdere compiono gesti disperati.
Le manifestazioni di migliaia di disabili nelle strade inglesi in
difesa dei propri diritti sono solo il primo passo. La gente non è
felice di tirare la cinghia mentre i veri responsabili della crisi sono a
piede libero e più ricchi di prima. La gente non è felice di vedere che
la propria nazione ha perso l’anima.
Ciò che sta accadendo in Gran Bretagna potrebbe succedere anche in Italia?
Forse sì:
Perciò è meglio dedicare del tempo ad alcune riflessioni in materia di disabilità.
Oggi in molte società, specialmente in
quelle dove la popolazione sta invecchiando più rapidamente, i disabili
costituiscono la minoranza più consistente. A seconda dei criteri
utilizzati per definire cosa sia una disabilità e chi sia disabile, oggi
ci sono fino a 50
milioni di statunitensi e 40 milioni di Europei occidentali che
convivono con una qualche forma di disabilità. Nella metà dei casi si
tratta di una menomazione grave. La disabilità è quindi un fenomeno
piuttosto ordinario ed il confine tra abilità e disabilità è permeabile. È ragionevole presumere che, ad un certo punto della vita, ciascuno di noi si troverà ad affrontare personalmente una disabilità o dovrà prendersi cura di un disabile
ed è quindi nell’interesse di tutti far sì che la società moderna si
sforzi di venire incontro ai bisogni dei disabili invece di considerarli
“beni deteriorati”, come sembra fare il governo conservatore. Questo
diventa specialmente importante oggi che le biotecnologie sono in
procinto di rendere ancora più poroso il confine tra abile e disabile e
che la categoria “disabilità” si estenderà molto probabilmente a persone
affette da alcolismo, obesità, predisposizione a malattie congenite,
ecc.
Nella vita di ogni giorno resta la tendenza a valutare gli esseri umani non per quel che sono ma per quel che fanno.
La dipendenza delle persone disabili dal
supporto di altre persone ed istituzioni è stato un costante promemoria
delle imperfezioni e fragilità umane e dell’impotenza delle scienze
mediche. Inoltre, nei periodio di austerità più o meno indotta, i
disabili sono quasi sempre stati visti come un costo insostenibile. Negli
anni Venti, quando l’economia tedesca era in pessime condizioni, ma
comunque prima dell’ascesa di Hitler, un sondaggio di una clinica rivelò
che la maggioranza dei genitori di bambini sofferenti di un ritardo
mentale avrebbero acconsentito alla loro “eutanasia” se le autorità
mediche li avessero consigliati in tal senso (Burleigh, 2002).
Purtroppo, un’eccessiva
insistenza sul valore dell’autosufficienza (tipico degli egotisti e
degli psicopatici) a discapito di quello dell’interdipendenza, assieme a
considerazioni di ordine utilitaristico su come le persone possono
meglio contribuire all’economia, tende a sminuire il valore di chi non
può cavarsela da solo. Se le anormalità non possono
essere curate, la diagnosi prenatale e l’aborto selettivo possono anche
essere viste da alcuni come una soluzione rapida ed efficace ad un
problema intrattabile come quello delle discriminazioni contro i
disabili: “se non ci fossero i disabili non ci sarebbero discriminazioni”.
Il messaggio che passa è che i disabili sono degli errori ai quali il
progresso tecnologico prima o poi saprà rimediare: ma vanno comunque
tollerati (!!!).
I due obiettivi paralleli di eliminare le
disabilità e indirizzare la società verso un atteggiamento più
indulgente e rispettoso nei confronti dei portatori di handicap sono
inconciliabili.
Dobbiamo anche capire che i test genetici
prenatali e, in futuro, la terapia fetale, cioè il trattamento medico
dei bambini in grembo non garantiranno la nascita di un bambino
“normale”. Anche lo screening sistematico dei feti non può evitare che alcuni bambini “difettosi” vengano al mondo. Ciò solleva il problema di come
verranno trattati questi bambini inattesi in una società che tende a
valorizzare competenza ed intelligenza sopra ogni altra cosa, cioè una
società in cui sarebbe stato meglio che non fossero mai nati.
Stiamo già assistendo alla collisione tra il diritto costituzionale
all’uguaglianza e una realtà di disuguaglianza fisica, e questa è una
situazione in cui i diritti delle donne si scontrano con quelli dei
disabili e dei feti, mentre i diritti, valori ed interessi individuali
configgono con quelli sociali.
È opportuno meditare sulla serie di
effetti a breve o lungo termine dell’applicazione di nuove tecnologie
nel campo della medicina genetica, anche se non possono essere previsti
con certezza. A seguito dell’adozione della diagnostica genetica
(quando esistono indicazioni che qualcuno potrebbe essere affetto da
una qualche malattia genetica) e dei test genetici nello screening dei
portatori sani (che non offrono indicazioni di sorta), potrebbe emergere
una nuova classe di cittadini che includerebbe tutte le persone che
sono state diagnosticate come malati asintomatici, cioè a maggior
rischio di contrarre certe infermità. Promulgare una
legislazione specifica a protezione di questi cittadini contro ogni tipo
di discriminazione potrebbe paradossalmente farli sembrare più diversi
dalla “norma” di quel che realmente sono. Così è stato detto che
discriminazioni nel settore assicurativo, dell’impiego, e della sanità
potrebbero essere la logica ed inevitabile conseguenza di un vicolo
cieco in cui si verrà trattati in modo diverso sia che uno
consenta a farsi testare geneticamente e a permettere che lo stesso
venga fatto ai propri figli e l’esito sia positivo, sia che uno si
rifiuti di farlo, perché in quel caso si sospetterà la presenza di una malattia ereditaria che si vuole nascondere. In ultima analisi il
rischio è quello di assistere ad una deriva epistemologica che
condurrebbe ad una società in cui una vita umana non conforme a standard
qualitativi sempre più elevati sarà vista come una seria negligenza:
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