Perché
scelgo di pubblicare una lettera piuttosto che un’altra? Ci sono
missive che sono denunce, altre che raccontano storie, altre ancora che
colpiscono per la freschezza delle sensazioni e la profondità dei dubbi.
Come accade in questa di Maggs, italo-americana, che fa un paragone tra
i due Paesi e pone l’accento sul peso che certi sguardi hanno su chi è
con disabilità. Riflette sulla paura di uscire allo scoperto che
accomuna tanti inVisibili ed esprime quel senso di non accettazione,
personale, della disabilità… ma vi lascio alla lettura. E spero che
avrete la voglia di raccontarci le vostre impressioni.
Ciao Invisibili,
non leggo blog di questo genere solitamente, rifiuto qualsiasi contatto
con associazioni o enti il cui scopo è far conoscere la disabilita se
non donare i miei soldi alla ricerca. Mi sento una disabile del tutto
anormale da questo punto di vista. Leggendo le tue parole mi è venuta
voglia di raccontarmi per la prima volta in 7 anni di lesione spinale.
Da qualche parte sbaglio e scrivendo posso capire dove… Il mio incidente
è successo negli Usa dove vivo tutt’ora: lì non c’è rigidità mentale.
Cioè il sistema e la società sono pronti ad accettare la diversità
soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture e i trasporti. Ho 24
anni, e sì, non sono neanche arrivata alla maggiore età sulle mie gambe
perché un ubriaco ha preso in pieno la mia macchina, ma non ho dovuto
lottare con ostacoli infernali perche lì tutto è perfetto per chi va in
giro in 4 ruote. Una piccola oasi felice per noi persone con disabilità
(parlo di scuole, bagni, strade, hotel etc.etc.).
Mi manca l’Italia da morire, mi manca
vivere l’Italia, e ogni volta che torno capisco perché lottiate così
tanto. Ogni persona disabile ha il diritto di vivere come vivo io negli
USA, ma non capisco perché voler avvicinare il mondo della disabilita
alla gente. Credo sia giusto lasciare le persone che per fortuna non
sono in contatto con la disabilità nel loro mondo, dove uno o due
centimetri non fanno la differenza e dove se non c’è parcheggio chissene
la lascio in seconda fila per 5 minuti. Perché imporci con le nostre
disgrazie? Perche pretendere che ci guardino in maniera normale… Non lo
siamo!
Io viaggio sempre da sola, e appena arrivo in Italia ho sempre una
serie di imprevisti e di sguardi, direi disarmanti. Sono giovane, sono
belloccia, sarei alta 1.78, bionda il giusto, magra. Mia mamma ha 150
cognomi e ho ereditato da lei quei connotati eleganti: sarei stata
davvero bellina!!! E secondo me la gente quando mi vede pensa “NOOOO
POVERINA”. Sai cosa ti dico si è così”POVERA ME”, perché per quanto stia
bene, mi reputi comunque fortunata ed abbia imparato ad amare la mia
carrozzina, non c’è giorno che passi pensando a quanto sarebbe bello
riavere la vita di prima. Perche quella di adesso è spesso dolceamara.
Vivo bene, ho tutte le cure di cui necessito. Ho una famiglia
meravigliosa: siamo 4 fratelli viviamo tutti sparsi per il mondo, ma ci
amiamo incondizionatamente e loro, lo ammetto, sono la mia ninfa vitale.
Un incidente con esito cosi drammatico a 17 anni ti isola. Ti rende
sola perché la spensieratezza di quegli anni se ne va in un attimo, ed è
difficile poi interagire con i tuoi coetani che invece, e giustamente,
la vita la vogliono assaporare in tutti i suoi gusti. Come per reazione
mi sono fatta pena da sola e non ho avuto voglia di imporre me e la mia
paraplegia nella vita di nessuno. Non ho avuto voglia di sapere i
problemi che la gente affronta quando disabile, perché già ho i miei e
mi sono chiusa codardamente nella mia isola felice non confrontandomi
veramente con il mondo esterno e tutte le volte che lo faccio costruisco
un iceberg che mi protegge. Mi sono rinchiusa, per non sentirmi parte
di una categoria. O forse avendo il gran culo di essere very benestante
mi sono adagiata con tutti i miei confort nel mio universo tutto sommato
fortunato.
Ho preso coscienza che saremmo stati una famiglia perfetta, ma visto
che la perfezione non esiste ci sono io con la mia carrozzina. Ho dato
una bella ridimensionata a tutti, ho addolcito un padre, che ancora oggi
ogni volta che mi rivede si commuove mentre cerca goffamente di
abbracciarmi. Ho reso gli occhi di mia madre immensamente dolci, e ho
insegnato ai miei fratelli che la vita è democratica e gli incidenti
capitano anche a chi è figo, intelligente e brillante. Loro però hanno
ridimensionato me quando mi hanno incoraggiato ad andare via da casa a
studiare al College come fanno tutti, pretendendo voti alti, e
trattandomi da persona.
Ho sviluppato un attaccamento morboso per i miei fratelli e mi sono
letteralmente seduta. Non ho avuto e ne ho voglia di confrontarmi con
persone che non conosco, non mi piace stare fra la gente, non mi
piacciono i posti affollati e non mi piace fissare i sederi della gente
quando tutti parlano in piedi. Mi sento bene in famiglia, con le persone
che mi conoscono davvero e che mi hanno accompagnato in questa
disavventura. Le persone con le quali è ok ricordare emozioni e
sensazioni che ho ormai nascosto nel mio io piu profondo. Con loro tolgo
qualsiasi barriera, e a volte quasi dimentico che sono seduta su una
carrozzina, ed è cosi speciale che nella mia condizione mi basta.
Dopo avervi letto però inizio a dare ragione a mia sorella che mi
dice che io faccio quella distaccata da un mondo, quello della
disabilità, che mi appartiene, perchè mi difendo dal sentirmi
emarginata. Difendo la mia anima già acciaccata. Non voglio prendere
atto che la fuori ci possono essere parole, o retaggi culturali che a
volte possono essere brutali. Sto iniziando a capire perché quando
arrivo in Italia mi ripete che non posso starmene rinchiusa in campagna,
ma devo fare un giro con lei per strada, vuole farmi capire che io
dovrei per lo meno interessarmi invece di fare lo struzzo. Lei dalle sue
gambe ben funzionanti e dai suoi splendidi 30 anni, non perde occasione
per educare i cittadini che fanno finta di non vedere, lei ci crede,
educare piano piano può significare arrivare ad un cambiamento di una
società.
Sono passati 3 GIORNI da quando ho scritto il papiro sopra e… Sono
andata in centro, ho fatto un giro da sola come faccio ogni giorno negli
USA. Mi sono presa tutti gli sguardi che evito solitamente, mi sono
intrappolata in un marciapiede perché dove c’era la discesa c’era
parcheggiata una macchina, all’altro angolo un furgone – ho proseguito,
costeggiato tutto il building per arrivare ad un marciapiede con uno
scalino troppo alto da scendere, sono ritornata indietro e ho aspettato
trattenendo le lacrime 25 minuti prima di poter attraversare. Ho fatto
lo slalom, fra una quantità innumerevole di cacche di cane lasciate sui
marciapiedi. Ho preso atto che le strade vecchie italiane con quel
pavimento sono bellissime, ma ogni 3 secondi si incastrano le ruote,
creando quell’effetto catapulta che per noi non è ideale, e se decidi di
andare su un marciapiede realizzi poi che è largo quanto una persona
che cammina. Andare al ristorante ed entrare già nevrotica perché il
parcheggio dei disabili è invaso da motorini ed avere la persona che ti
serve letteralmente bloccata di fronte alle 4 ruote, avverto imbarazzo,
manco fossi E.T…
Sono stremata mi fanno male le spalle e voglio tornare in America, o
stare a casa rannicchiata. E …ok – basta – ho capito il senso del blog.
Bravi davveri, bravi tutti voi, e grazie.
Maggs.
Ps. Perdona il mio italiano mediocre, ma vivo in America da 15 anni.
fonte:http://invisibili.corriere.it/
Blog nato a partire dalla mia esperienza di volontariato in piscina a contatto con persone con disabilità(ecco il perchè di "acquasenzabarriere"), successivamente ampliato anche a tematiche più generali, ma comunque curiose ed interessanti fonti di riflessione.
Nuovo blog
Presto il blog si trasferirà all'indirizzo disabilitasenzabarriere.it. Puoi già visitare il sito e inviarci la tua e-mail. La useremo soltanto per informarti quando il blog sarà attivo.
Un saluto!
Ilaria
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento