“Mi sono sentita come
sopra una nuvola, come in un sogno, ma era tutto vero”. Queste le parole
di Maria (Angela) Boscarino (nella foto), disabile modicana che da anni
è costretta a convivere e a lottare contro la sua malattia.
Scendere all’interno della Grotta dei Genovesi, in località
Canicattini Bagni (Sr) è stata un’iniziativa del tutto particolare,
eccezionale, perché Maria non è una speleologa. Ha 37
anni, si sta diplomando come geometra e da anni è affetta da sclerosi
multipla, malattia che le impedisce il libero movimento. Maria non è una
donna capace di starsene con le mani in mano. È volontario dell’Anffas
di Modica, all’interno della quale ha trovato una vera e propria
famiglia che non le fa mancare il suo affetto, ha partecipato al
progetto di vigile urbano in carrozzina, progetto pilota, volto al
rispetto del parcheggio dei disabili e al controllo dell’esistenza e
della effettiva efficienza delle barriere architettoniche.L’iniziativa, organizzata dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, ha permesso a Maria di visitare la grotta di origine carsica, alla quale si può accedere solamente con l’attrezzatura da speleologo, insomma con cavi e funi, perché l’accesso è costituito da una piccola apertura di circa un metro di diametro.
L'operazione è avvenuta grazie al sistema di sicurezza messo in opera dagli speleologi dell'Organizzazione Europea dei vigili del fuoco volontari e di Protezione Civile.
“È stata una bellissima esperienza – afferma Maria – Non credevo che quella grotta fosse così bella. Certo, di presenza le cose sono molto diverse che nelle foto o in televisione. La discesa, la sospensione in aria ad un’altezza di 50 metri: sono state davvero incredibili! Per noi che soffriamo, che combattiamo giorno per giorno, che dobbiamo conquistarci ogni singola cosa, una esperienza come questa ci riempie la vita”.
Però subito dopo i suoi occhi, lucidi nel ricordo di un giorno speciale, tornano ad essere ricoperti da un velo di tristezza al pensiero di tornare alla vita quotidiana nella quale dei “chiedere, lottare, combattere non solo contra la malattia, ma anche contro l’indifferenza della gente, di chi ti compatisce, della scarsità di barriere architettoniche, dei diritti negati”.
Spesso nella nostra società quella che deve essere combattuta è la non accettazione della disabilità da parte delle persone che preferiscono ignorare il problema girandosi dall’altra parte, da parte delle famiglie che spesso tengono i figli disabili “nascosti” nelle case, in una sorta di quarantena creata dalle menti di chi concepisce il diverso come “male”, esorcizzando in questo modo il problema, come se non esistesse.
In tale scenario se le istituzioni, per incuria o semplice disattenzione, sono spesso assenti, lasciando ai privati o alle poche associazioni presenti sul territorio il carico e spesso le famiglie dei disabili o essi stessi lottano da soli, non fanno gruppo, allora i problemi diventano davvero insormontabili.
E se queste iniziative, sporadiche e spesso isolate, sono il modo per far sorridere chi deve lottare con i denti ogni giorno, allora che ben vengano, anzi si moltiplichino.
“Vorrei andare sulla neve, fare una scalata in montagna. Mi piacerebbe anche provare qualche sport estremo come un lancio con il paracadute” conclude Maria “Cosa abbiamo noi di diverso dagli altri?”
fonte:http://www.agoravox.it/
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