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Ilaria

venerdì 30 novembre 2012

La mia rivincita sull'handicap? Scalare le montagne


Sette volte campione di sci di fondo, nel 2007 primo atleta con protesi all'arto inferiore a domare la vetta dell'Alpamayo, Gianfranco Corradini si prepara a un'altra sfida: scalare la cima più alta del Caucaso. Vent'anni fa perdeva la gamba in un incidente motociclistico, poco dopo, l'incontro che gli cambierà la vita. "Senza testardaggine, di montagna, non se ne riesce a salire nemmeno una"
ROMA - "Tu sei fortunato. Male che vada, ti congeli una gamba sola". E scoppia in una fragorosa risata. È con una battuta dei suoi amici più cari che, Gianfranco Corradini, classe '55, atleta disabile, racconta cosa l'aspetta il 10 settembre, quando inizierà l'ascesa al monte Elbrus, 5.642 metri, la cima  più alta del Caucaso russo. Già sette volte campione di sci di fondo e con alle spalle un curriculum d'alpinista di tutto rispetto, Corradini partirà alla volta dell'Asia per battere un altro record, dopo quello del 2007 quando fu il primo atleta con protesi all'arto inferiore a domare la vetta dell'Alpamayo, sulle Ande peruviane (5.947 metri). Anche se, ora, preferisce non pensare alla "montagna più bella del mondo" (così, l'ha definita l'Unesco) ma "concentrarsi sulla scalata". "Quella dell'Alpamayo - racconta - è stata una scalata più tecnica. Una parte del percorso, almeno 600 metri, era intermente ghiacciata e con una pendenza del 70%. In questo caso, invece, il problema maggiore saranno i bruschi cambiamenti climatici". Unico elemento lasciato al caso, quindi, la meteorologia. Per il resto, un allenamento studiato a tavolino ("Mi alleno 4-5 volte a settimana, andando in bici, camminando e salendo in quota. Senza esagerare, altrimenti sforzo troppo la gamba") e una fede incrollabile nelle proprie capacità.
L'alpinista della Val di Non, che più di vent'anni fa perse la gamba sinistra in un incidente automobilistico, è la prova vivente che le barriere sono, a volte, solo mentali. Grazie all'ausilio di una protesi speciale per l'alpinismo progettata dall'Inail di Vigorso di Budrio, Corradini si è inerpicato un po' ovunque: dal Monte Bianco alle Punte Gnifetti, da Bishorn e Burnaby nel Gruppo del Rosa, passando per Weissmies, Grossglockner, Piz Buin, Cevedale, Cima Ortles e Gran Zebrù. E poi ancora, su per il Palon de la Mar, il Monte Rosole e il San Matteo. Instancabile, non si è risparmiato pericolanti arrampicate su pareti di ghiaccio e neve, con pendenze che sfiorano il 70%, come Presanella, Cristallo e Marmolada.
Scalare, sciare, sono state "la mia rivincita sull'handicap", dichiara lui che, pur, facendo parte di una famiglia di sportivi, prima dell'infortunio, a soli 22 anni, non era un atleta così appassionato. "Dopo l'incidente, ho iniziato a fare della passeggiate che, con il tempo, diventavano sempre più lunghe. A un certo punto, ho iniziato a salire. E da quel momento non mi sono più fermato". L'incontro che gli ha cambiato la vita è stato quello con Roberto Diaz, una guida alpina che l'accompagna da sempre nelle sue spedizioni. È lui, afferma, ad avergli dato l'input: "Dipende da te, mi diceva. Lo decidi tu, se vuoi andare più in alto". E Gianfranco, ha deciso. Perché, per lui è chiaro che "senza testardaggine, di montagna, non se ne riesce a salire nemmeno una". 

fonte:http://www.ufficiodisabili.it/

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