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Ilaria

sabato 24 novembre 2012

La "piazza" della grave disabilità: volti e storie di una pesante quotidianità

Sono le storie che spiegano le ragioni della protesta che ha portato in piazza malati di Sla e persone con gravi disabilità, accompagnati da familiari, assistenti, associazioni. La mamma di Luca, un ragazzo di 41 anni malato di Sla: "Per portarlo dall'ospedale a casa, devo pagare 80 euro di ambulanza". Andrea Diomede, anche lui con la Sla: "In Italia c'è il malcostume di lucrare sulla sanità, mentre le famiglie hanno 5 ore di assistenza al giorno"
ROMA - Ci sono volti, storie e gesti quotidiani di cura e di assistenza, dietro gli slogan e le rivendicazioni di chi oggi, a Roma, è sceso in piazza, davanti al ministero dell'Economia, insieme al Comitato 16 novembre. Sono queste storie che spiegano, meglio di tante parole, le ragioni della protesta e i bisogni che in questa si manifestano.
Andrea Diomede Giancarlo ha 45 anni, non è malato di Sla, ma di sclerosi multipla: "sono qui oggi perché loro stanno peggio di me e posso comprendere molto bene cosa provano - spiega - Quando devi vivere senza dignità, sulle spalle della famiglia, è facile e desiderabile mettere fine alla sofferenza. Io prendo 270 euro di invalidità civile e la mia compagna deve lavorare giorno e notte. Per fortuna l'11 dicembre ci sarà l'udienza, dove spero mi sarà finalmente riconosciuta l'invalidità, quindi l'accompagno e la pensione. Ma confesso che, quando vivi così, ti viene in mente di confessare un reato che non hai commesso, o di commetterne uno, per finire in galera e smettere di essere una bocca da sfamare per la famiglia. E' successo a me, che ancora riesco a camminare un po'. Figuriamoci a chi, come loro, sta molto peggio di me". Giancarlo era musicista, suonava il sassofono, finché 10 anni fa iniziò ad avere problemi alla mano. "Mi inviarono al Centro sclerosi multipla, dove mi curarono e dopo 9 mesi mi dimisero con una diagnosi di malattia demielinizzante. Stavo molto meglio, avevo ripreso l'uso della mano e ricominciai a lavorare, sicuro di essere guarito. Un anno e mezzo fa la ricaduta mi tolse ogni illusione: ho dovuto lasciare il lavoro, ma ancora riesco a fare almeno circa 400 passi al giorno".
Luca Pulino arriva in piazza in ambulanza, steso sulla barella: arriva da Capranica, ha 41 anni e da 11 anni è malato di Sla. "Era uno sportivo, un ragazzo vivace e dinamico - ricorda la mamma, Maria Antonietta - Tre anni dopo la diagnosi ha smesso di parlare, 5 anni dopo ha avuto bisogno di tracheotomia e Peg: è stata una sua scelta, sapeva a cosa andava incontro. Oggi è paralizzato al 99%, non muove più un dito, ma il suo cervello funziona benissimo. Conosce benissimo la malattia e sa quale sarà il suo decorso". L'assistenza di Luca pesa soprattutto sulla famiglia: "Abbiamo un'infermiera dalle 8 alle 14, per tutto il resto della giornata sono io sola con lui. Quando c'è l'assistenza, esco un'oretta per fare qualche commissione, ma poi torno subito a casa. Solo per lavarlo, ci vogliono due persone almeno. E circa un paio d'ore. Finché ho potuto, mi sono occupata io soltanto della sua igiene personale: mi sembrava più rispettoso, più dignitoso. Ora però non è più possibile". Così come è impossibile far uscire Luca di casa, se non in occasioni eccezionali: "Per portarlo dall'ospedale a casa, devo pagare 80 euro di ambulanza - racconta la mamma - Lo stato ci concede solo quelle 6 ore di assistenza, il resto è tutto a carico nostro. Almeno 1.200 euro al mese tra farmaci, pomate ecc. A cui vanno aggiunti circa 1.300 euro a bimestre di elettricità. Per fortuna, grazie al comunicatore, riusciamo a parlare tanto. E qualche volta anche a litigare".
Un'altra ambulanza arriva in piazza: scende Andrea Diomede, insieme ai suoi due assistenti, che ogni giorno si prendono cura di lui. Risponde alle nostre domande attraverso la sua "lavagna" trasparente, il comunicatore che usa nelle rarissime occasioni in cui è fuori casa. "I problemi li hanno i malati che non si chiamano Borgonovo o Melazzini - denuncia - e che ricevono appena 5 ore al giorno di assistenza. Nel loro caso, sono le famiglie che devono assisterli: e così, dopo un po', si ammalano tutti". Sorride, ma è severo il capo d'accusa che rivolge al sistema dell'assistenza: "c'è il malcostume di lucrare sulla sanità - continua - Le offerte d'appalto sono gonfiate, ci troviamo di fronte a una Prima Repubblica mai finita!Le Asl pagano 900 euro al giorno per l'assistenza di ogni malato h24. E siamo in pochi fortunati ad essere riconosciuti h24. Di questi 900 euro, solo 400 arrivano ai 3 assistenti che si prendono cura del malato: le cooperative lucrano: il problema si può risolvere solo con l'assistenza diretta".

fonte:http://www.superabile.it/

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